Alcuni Dizionari, fanno risalire l'origine della parola italiana "lotto"
al francese. Per l'esattezza deriverebbe da "lot", un'antica voce franca
che significa "eredità, sorte". Dalla stessa origine deriva anche il
verbo lottizzare, ossia dividere in più parti. Secondo altri invece,
il termine lotto deriverebbe dalla parola teutonica "Hleut" che indicava
l'oggetto sacro, un disco o una pietra, che veniva lanciato con rituali
magici, al fine di derimere eventuali contrasti nella divisione di proprietà,
in particolar modo, proprietà immobiliari. Successivamente la parola
lotto si abbinò al gioco, proprio perché con tale nome si indicava il
premio; un lotto di terreni, un lotto di immobili, che inizialmente
costituivano l'oggetto della vincita. Per trasposizione il nome "lotto",
che indicava il montepremi, passò ad identificare il gioco. Del resto
la diffusione della parola è simile in tutti i Paesi europei ed ha più
o meno lo stesso significato.In olandese abbiamo "lot" che significa
"sorte, destino" ed il verbo "loten" che significa "sorteggiare". In
tedesco "los" indica non solo "sorte, destino" ma - come in italiano
- anche la divisione in lotti di terreni e beni; con la parola "los"
si indica anche il "biglietto della lotteria" ed il verbo "losen" significa
"tirare a sorte". In danese il sostantivo "lod" significa "estrazione";
il gioco del lotto si chiama "Lotto". In inglese "lot" sta per "destino
o sorte", mentre il verbo "to lot" significa "assegnare in base a sorteggio".
Non a caso in francese "bien loti" significa favorito dalla sorte e
- come in italiano - la parola "loto" ha tre significati: lotto di terreno;
lotto, partita di merce; lotto, inteso come gioco. In spagnolo troviamo
il sostantivo "lote" che indica la partita di merce e "loto" il gioco.
L'abbinamento delle scommesse con premi costituiti da lotti potrebbe
avere origine olandese. Ad Amersfort, non lontano da Amsterdam, sembra
che nel 1500 alcuni cittadini pensarono di sfruttare la passione del
gioco dei loro concittadini per alienare alcune proprietà non facilmente
divisibili. Misero allora in palio il lotto completo delle loro proprietà.
Successivamente la cosa si ripeté più volte, tanto che in seguito venne
regolamentato il "Lotto di Olanda". A Venezia venne organizzata dal
Consiglio dei Pregadi (l'antico Senato veneziano) una lotteria il cui
montepremi era appunto "un lotto" di immobili costituito da "botteghe
a pie' del ponte di Rialto, che sono contigue a quelle del Capitolo,
e preti di San Bartolomeo verso la chiesa che risponde dall'altro capo
sopra il Canal Grande, e haveranno la vista sopra il stradon, che sarà
fatto nel mezzo di esso ponte". La lotteria venne chiamata appunto "lotto
del ponte di Rialto" ed aveva un montepremi complessivo di centomila
ducati. Si poteva partecipare all'estrazione acquistando un bollettino
al prezzo di due scudi ognuno. Per quanto riguarda il gioco del lotto
non è possibile attribuirne l'ideazione ad una determinata persona.
Possiamo solo dire che questo gioco è il risultato di regolamentazioni
e perfezionamenti di diverse forme di scommesse che da sempre l'uomo
ha avuto il gusto di effettuare sui più disparati avvenimenti. E' proprio
per frenare questa umana tendenza, ritenuta immorale e deleteria, che
le autorità in ogni epoca cercarono, dapprima di vietare i giochi d'alea
poi, non avendo ottenuto alcun risultato, di regolamentarli nel tentativo
di renderli il più possibile corretti evitando le facili speculazioni
soprattutto a danno degli individui più sprovveduti. Così gi nel 1339
troviamo a Vicenza uno Statuto che tenta di dare un ordinamento ai diversi
giochi, stabilendo e limitando i luoghi e giorni in cui essi si potevano
svolgere, fissando una tassa per chi teneva il gioco ed elencando i
comportamenti proibiti, l'ammontare delle eventuali multe nonché i limiti
sulle diverse puntate. In questo periodo troviamo vari giochi: le carte,
i dadi, la "Zara", i giochi di sorte. Nessuno di questi poteva per vantarsi
di avere nulla in comune con il lotto attuale. Solo nel 1448 si ha notizia
a Milano delle cosiddette "borse di ventura" che in sostanza possono
ritenersi un primo abbozzo di quello che sarà più tardi il vero gioco
del lotto. Il gioco consisteva nell'assegnare sette "borse" contenenti
rispettivamente, dalla prima alla settima, 300, 100, 75, 50, 30, 25,
20 ducati contanti. Chiunque, versando un ducato, aveva la possibilità
di veder inserito in una corba (un recipiente di vimini intrecciato)
un biglietto recante il proprio nome. Ovviamente, versando più ducati,
si potevano avere più biglietti. Poi in piazza Sant'Ambrogio in un'altra
corba venivano depositati altrettanti biglietti bianchi di cui solo
sette recanti l'ammontare dei diversi premi. Chiamato uno dei presenti
ad effettuare le operazioni, veniva estratto un biglietto dal recipiente
contenente i nomi, ed uno da quello con i premi. Chiaramente se al nome
estratto risultava abbinato un biglietto bianco questi non vinceva nulla,
se ne veniva estratto uno recante un premio, l'ammontare di questo veniva
consegnato subito al vincitore alla presenza di tutti. Vedremo come
questa forma di gioco avrà più tardi nuova vita. Infatti nel 1539 in
Francia, sotto Francesco I, verrà ripresa con il nome "Blanque" (bianca).
Il fatto che questi giochi avessero a volte una avviata organizzazione
alle spalle non vuol dire che fossero graditi dalle autorità anche perché
se si tentava di regolamentarli non si riusciva per a controllare le
eventuali scommesse clandestine che la gente effettuava sul gioco o
sui giocatori. Sembra peraltro che le scommesse fossero gi largamente
diffuse e che ogni avvenimento pubblico desse vita a grande attività
di gioco tanto che a Genova nel 1588 uno Statuto lo proibiva totalmente
decretando che non si poteva far gioco sulla vita del Pontefice, dell'imperatore,
dei re, dei cardinali, sulla riuscita degli eserciti, sull'esito delle
guerre, sui matrimoni, sull' elezioni dei magistrati o dei dogi e addirittura
sulla peste. Eppure a Genova il gioco del lotto era gi nato proprio
sulle scommesse che si facevano sull'elezione dei senatori della città.
La posizione delle autorità di fronte al fiorire dei giochi di scommessa,
come abbiamo gi detto, fu inizialmente di condanna e divieto. In seguito,
un po' per gli scarsi risultati ottenuti dalla repressione, un po' perché
i giocatori provvedevano ad effettuare le loro puntate in Stati pi permissivi,
causando una notevole fuoriuscita di denaro, si giunse spesso a legalizzare
il gioco. Conosciuto ed apprezzato il consistente utile che dalla gestione
del gioco poteva derivare, molti Stati giunsero addirittura alla monopolizzazione,
curando in proprio lotterie nazionali. Comunque - almeno in linea teorica
- fu sempre l'intento umanitario a far decidere i governi a legalizzare
il lotto. Ogni statuto, bando o decreto che regolava il lotto, stabiliva
che il ricavato dalla gestione del gioco fosse destinato a fini di pubblica
utilità, scopi umanitari, opere pie che di volta in volta venivano specificate.
IL
CASTELLETTO
Il "Castelletto" un istituto legato al gioco del lotto che ha trovato
ampia applicazione nelle fasi iniziali del gioco. Si tratta di un sistema
che consentiva al gestore dell'Impresa del lotto di limitare l'alea
del gioco. Si deve infatti tenere presente che gli Stati italiani erano
tutti di piccoli dimensioni ed ognuno di questi esprimeva proprie regolamentazioni
che variavano a seconda delle regioni e delle diverse forme che tale
gioco assumeva in ognuna di esse. Alcune regole si adattarono negli
anni al variare delle dominazioni, all'esigenze del pubblico erario,
alle diverse legislazioni. Altre rimasero quasi invariate grazie probabilmente
alla loro sperimentata utilità o in quanto garantivano un utile a chi
gestiva il lotto, fosse un'impresa pubblica o privata, scongiurandone
soprattutto il fallimento. Considerato che - in genere - ogni Stato
accettava le giocate effettuate esclusivamente sul proprio territorio,
si può ben comprendere che, per quanto la popolazione potesse partecipare
in gran numero al gioco, si correva continuamente il rischio di dover
pagare per le vincite più di quanto si fosse incassato. Questo perché
il ridotto numero di giocatori non permetteva - come accade oggi - una
ridistribuzione del rischio per l'impresa su un elevato numero di singole
scommesse. In altri termini la nota legge dei "grandi numeri", mancando
proprio quest'ultimi, non poteva svolgere tutti i suoi benefici effetti
di ripartizione del rischio per il gestore. A Venezia, ad esempio con
l'estrazione del 21 gennaio 1745 l'impresa si assicurò un incasso totale
di 27.652 ducati e l'impresa ne pagò, per i soli terni, ben 154.845
(per curiosità i numeri estratti furono: 5, 90, 3, 12, 2). Proprio ad
evitare quest'ultima eventualità, ben presto molti Stati adottarono
il sistema del "castelletto". Venezia, inutile dirlo, lo inserì nella
sua regolamentazione proprio nel 1745, quando per ... "i buoi erano
ormai fuggiti". Questo sistema consisteva nel riportare su un apposito
registro le somme giocate e le vincite presunte al fine di poter controllare
che quest'ultima non superassero il limite stabilito. Qualora questa
eventualità si fosse verificata, il gioco veniva chiuso e le giocate
effettuate in eccedenza venivano restituite. Questo semplice quanto
ingegnoso sistema, antenato del moderno totalizzatore, presentava per
l'inconveniente di costringere il giocatore a recarsi due volte in ricevitoria.
Effettuata infatti la propria giocata e pagato l'importo relativo, il
giocatore riceveva un biglietto provvisorio che avrebbe dovuto riconsegnare
in un secondo tempo alla ricevitoria. Qualora la sua puntata fosse stata
accettata, avrebbe ricevuto il biglietto definitivo, denominato "pagherò".
In caso contrario, avrebbe invece ottenuto il rimborso. Per evitare
l'inconveniente della "doppia" giocata, in alcuni casi i Governi adottarono
la regola del "limite di premio" la quale, seppure evitava al giocatore
il duplice percorso, d'altra parte lo poteva penalizzare, nel caso di
vincita, con un premio inferiore all'attesa. Ma il sistema di maggior
efficacia e garanzia rimase comunque quello del "castelletto" che fu
quindi quello più largamente adottato. Nel nostro ordinamento, ad oltre
due secoli di distanza, c'è ancora una flebile traccia di tali preoccupazioni
che rovinarono le notti di molti titolari di Imprese de' Lotti. Come
tutti sanno infatti la legge attualmente in vigore stabilisce che il
ricevitore non può accettare puntate che diano diritto a vincite superiori
al miliardo di lire. In realtà l'enorme sviluppo del gioco e le centinaia
di milioni di giocate effettuate ogni anno impediscono statisticamente
il ripetersi di eventi eccezionali quali quelli verificatisi nel 1745
a Venezia.
IL LOTTO NEL MONDO
IL
LOTTO IN ITALIA
GENOVA
Genova può, a buon diritto, fregiarsi dell'appellativo di patria del
gioco del lotto. In verità sull'argomento esistono diverse tesi e teorie
ma la più accreditata è proprio quella che vede nascere il progenitore
del gioco a Genova nei primi anni del 1500. Nel 1539 sappiamo per certo
che fu emanato un decreto secondo cui "non sia persona alcuna,
che osi o presuma fare simili partiti o scommesse ne prendere ne dar
danari per tale causa, ne fare alchuna scomissa sopra le eletione degli
Ill.mi Duci Concirvatori in qualonche modo si sia secreto o palesemente,
recte vel indirecte sotto qual vocabolo o conditioni si voglia, sotto
pena di scudi duecento, e ogn'altra pecuniaria e corporale in arbitrio
della Signoria". Questo preciso divieto è la prova lampante che
gi nel 1539 esisteva un sistema di scommesse collettive legato all'elezione
dei magistrati chiamati periodicamente a sorteggio a far parte del Senato
della repubblica genovese. In realtà a Genova esistevano gi alcuni giochi
legati ad accadimenti naturali o civili. Si poteva così giocare al "Biribis"
(il cui premio era di sessanta volte la posta), ai "Montelli",
alle "assicurazioni marittime". Inizialmente queste forme
antenate del gioco del lotto erano semplici scommesse tra privati cittadini.
Non per questo per il Governo genovese restò inerte di fronte al proliferare
di queste nuove attività ludiche. Esistono infatti almeno tre editti,
uno del 1617, uno del 1619 ed uno del 1627, che vietarono espressamente
ogni forma di scommessa tra cittadini e citavano diverse volte questi
giochi. Nonostante dette proibizioni, i più scaltri ed esperti scommettitori
trasformarono la loro passione in una lucrosa quanto illegale attività
economica, iniziando a tenere il banco. Apparve così il "Gioco
del Seminario" (detto anche del "Seminajo"), che tra
l'altro aveva il merito per i giocatori di riconoscere premi in misura
più elevata di quelli concessi dalle altre forme embrionali di gioco
in vigore in quel momento. Un altro vantaggio che sembra avesse il "Gioco
del Seminario" rispetto agli altri giochi allora in vigore, era
dato dal "Monte delle scommesse". Si trattava di un sistema
automatico di capitalizzazione che consentiva di dare sempre maggiori
premi al vincitore. Quando i nomi estratti non erano tra quelli indicati
dal popolo, che evidentemente scommetteva sempre sui "maggiorenti",
gli introiti venivano accumulati in una cassa (detta appunto "monte
delle scommesse") ed assegnato in occasione dell'estrazione successiva.
Questo sistema ci fa pensare al fatto che le vincite fossero assegnate
non in base a quote fisse, come è oggi il lotto, ma in base al sistema
più sicuro per il gestore, ma meno invitante per il giocatore, del montepremi.
Il nome "del seminario" derivava da quello con cui il popolo
chiamava il contenitore in cui venivano imbussolati i centoventi nomi
dei cittadini più in vista della potente repubblica marinara. Tra questi
venivano estratti cinque nomi che entravano a far parte del Senato.
Per gli altri comuni mortali l'occasione era troppo ghiotta per non
essere presa al balzo. Le scommesse si arricchirono proprio in virtù
delle accresciute combinazioni rese possibili dal maggior numero di
nomi estratti. L'urna del "seminario", proprio perché legata
al potere delle Repubblica, fu identificata dal popolo come un simbolo
legato al vecchio regime, tanto che, in occasione della costituzione
di un governo democratico appoggiato dalla Francia, venne poi bruciata
in piazza dell' Acquaverde il 14 giugno 1797. L'onda della rivoluzione
francese toccò anche il gioco del lotto. L'aggressività del nuovo gioco
prese di contropiede il Governo che fu costretto a ricorrere a nuove
forme di repressione. In un editto si legge che "qualsivoglia persona
che frà otto giorni prossimi alla pubblicazione denonciando o manifestando
all'illustrissimo Palazzo o ad una Ecc.ma Segretaria i nomi di quei
che hanno fatto sponsioni scommesse, o dato promesso, scommesso preso,
è giocato sopra delle estrazioni insieme con la somma giuocata - conseguirà
l'impunità del fatto o, contravvanzione e di più haverà la repetittione
di tutto quello che havesse perduto...". Nonostante queste prove
di forza, il Governo non riuscì mai ad intaccare seriamente l'incremento
del gioco. Così in data 22 settembre 1643 i Serenissimi Collegi fecero
un clamoroso "dietro-front", anche perché le finanze pubbliche
erano in gravi difficoltà. Secondo documenti ancora in nostro possesso
sembra che alla data del 1641 la repubblica di Genova avesse un deficit
di oltre mezzo milione di lire genovesi dovuto essenzialmente ai debiti
contratti per la costruzione delle poderose fortificazioni cittadine.
Su proposta della Camera, l'organo statale che curava la buona salute
delle finanze, i Serenissimi Collegi decisero di appaltare il gioco,
ribadendo nel contempo l'assoluto divieto di effettuare privatamente
raccolte e giocate. Questa data segna la nascita ufficiale del gioco
del lotto legale. Nel marzo del 1644 fu assegnato l'appalto per la gestione
del gioco del lotto che continuò a chiamarsi "giuoco del seminario".
Ad aggiudicarsi la gara fu una società composta da quaranta concessionari
(che appunto si chiamava "società dei quaranta") per un prezzo
annuo di 58 mila lire. I giocatori potevano puntare sull'estratto semplice,
sull'estratto determinato (il primo nome eletto in ordine di estrazione),
sull'ambo e sul terno. La ricevuta che veniva consegnata al giocatore
a riprova dell' avvenuta giocata, si chiamava "firma". Dal
punto di vista civile aveva un grande valore in quanto per il pagamento
della "firma", al pari dei "pagherò" e delle "cambiali",
era prevista una forma di esecuzione previlegiata detta "esecuzione
parata". In verità i nomi imbussolati non erano mai 120 ma subivano
una certa oscillazione in base al numero effettivo dei candidati. Si
rendevano inoltre spesso necessarie alcune "estrazioni straordinarie"
finalizzate a scegliere i nuovi membri senatoriali resi vacanti per
morte o impedimento. Il nuovo gioco, a seguito della liberalizzazione
e della conseguente regolamentazione, ebbe nel tempo un successo clamoroso
tanto che le giocate provenivano da ogni parte d'Italia. Ne è prova
il dato degli introiti ricavati dal gioco del Seminario che registrò
una forte impennata negli anni seguenti alla proibizione del gioco in
Roma decretata nel 1696 da Papa Innocenzo XII. I sudditi del potere
temporale della chiesa, non potendo più giocare sul lotto di Roma, spostarono
le loro scommesse su quello di Genova. Non a caso uno dei motivi che
spinsero Papa Clemente XII a reintrodurre il gioco, vietato solo sei
anni prima, fu proprio la grande fuga di danaro che avveniva da Roma
verso le casse di altri Paesi. Del resto per la prima volta uno Stato
si cimentava in questa nuova attività e questo offriva finalmente una
certa garanzia ai giocatori che tutto venisse fatto nel più regolare
dei modi. Il controllo della Camera, il Ministero delle Finanze della
repubblica genovese, era molto preciso. Oltre a decidere sulle controversie
tra privati e privati e tra privati e pubblica amministrazione, la Camera
presenziava all'estrazione e si prendeva cura di pubblicare a proprie
spese l'elenco ufficiale dei nomi imbussolati e di quelli estratti.
Anche per questo, l'interesse per il gioco crebbe in tal misura che,
per dare nuove opportunità ed anche per acquisire moneta estera, il
Governo autorizzò i gestori di raccogliere scommesse anche sui lotti
di Torino e Milano. Tale possibilità era però riservata ai soli stranieri
e non era consentito raccogliere scommesse di cittadini genovesi. Per
questo il sistema di raccolta era diverso da quello ordinario e veniva
effettuato da speciali "prenditori" direttamente presso il
domicilio dei forestieri. Interessante notare che anche il Gioco del
Seminario conobbe una sorta di "lottonero" se è vero che in
Genova si diffuse in maniera abbastanza capillare un nuovo gioco, pressoché
identico al Seminario, ma basato su una diversa lista di nomi. Dal momento
che i prenditori non dovevano corrispondere alcun canone allo Stato,
le vincite per i giocatori erano superiori. Per contrastare la diffusione
di questo gioco alternativo, di cui - sembra - si svolgessero tre estrazioni
all'anno, le autorità genovesi giunsero a prevedere nel 1671 sino a
"scudi douemilla d'oro e con penale sino a due o tre anni di galera"
per coloro che venivano trovati a gestire il nuovo gioco. Nel 1735 si
registrò la novità dell'importazione da Torino del "Gioco delle
Zitelle". Venivano imbussolati novanta nomi di giovane ragazze
da marito. Ai cinque nomi estratti veniva riconosciuta una dote di cento
lire. Per introdurre in Genova questo nuovo gioco, gli appaltatori si
impegnarono a riconoscere un compenso annuo di diecimila lire. Nel 1805
la repubblica di Genova passò, come quasi tutta l'Europa occidentale,
sotto il controllo delle armate francesi ed il lotto venne soppiantato
dalla "Lotteria Imperiale Francese", peraltro assai simile
al gioco del lotto. Dissoltosi l'impero napoleonico, il lotto genovese
confluì prima in quello del Regno di Sardegna e poi in quello italiano.
VENEZIA
Venezia il gioco del lotto, simile a quello odierno, nacque nel 1733.
La prima estrazione fu effettuata il 5 aprile 1734. In precedenza era
già operante una sorta di lotto pubblico ma assomigliava più alle moderne
lotterie. Infatti già il proclama del 17 dicembre 1715, pubblicato per
ordine dei Deputati, et Aggionti sopra la Provision del dinaro, regolava
una lotteria, la cui estrazione era stabilita per il 3 febbraio 1716.
Non è quindi un caso che lotterie del genere continuarono anche dopo
la nascita del lotto vero e proprio. Il nome del gioco assunto a Venezia,
"Lotto intitolato di Genova e di Roma", dimostra come si trattasse
di un gioco di importazione. Il decreto che ne fissò la nascita è datato
14 gennaio 1733. In quella stessa occasione venne stabilito che il gioco
fosse gestito direttamente, evitando l'appalto a terzi, e non fu posto
alcun limite alle giocate. Ma nel 1745 per l'estrazione di cinque numeri
si giunse a dover pagare circa 200.000 ducati di vincite. Si stabilì
allora che non si sarebbe dovuta superare la somma di 118.000 ducati
per ogni estrazione. Veniva inoltre applicata la regola detta del "castelletto"
(si veda oltre) in base alla quale quando veniva raggiunta la somma
prevista, si poteva procedere alla chiusura del gioco restituendo ai
giocatori le giocate accolte in eccedenza. Il lotto si svolgeva predisponendo
una lista di "novanta dongelle nubili, da scegliersi da Parochie,
Ospitali e luoghi Pij della città da imbossolarsi nella giornata d'estrazione
del lotto". Ogni anno venivano svolte nove estrazioni di cinque
nomi di ragazze. Al primo nome estratto erano riconosciuti a titolo
di dote quaranta ducati; alle altre quattro ragazze solo venti ducati.
La coincidente finalità di voler costituire la dote di giovani fanciulle,
dimostra l'ampio influsso del "gioco delle zitelle", che aveva
luogo a Torino sin dal 1674. Riportiamo la descrizione che fa il Petitti,
attento storico del gioco del lotto, dell'estrazione a Venezia: "Il
luogo dell'estrazione era la loggetta, ossia la gran loggia del Sansovino
sotto la gran torre di S. Marco, residenza solita dei procuratori di
S. Marco, ai quali ed agli Arsenalotti (maestranze dell'arsenale fidatissime)
era confidata la custodia del palazzo ducale durante la sessione del
consiglio maggiore. Si paravano per l'estrazione, a festa le colonne
della loggetta: si sceglieva un trovatello dell'età di cinque anni all'incirca.
Preparate novanta cedole in pergamena, sur ognuna d'esse scriveansi
i novanta numeri dall'1 sino al 90, riscontrate e riconosciute ciascuna
successivamente da due Magistrati intervenienti all'operazione, rotolavansi
ad una una quelle cedole, e ponevansi poscia da un terzo Magistrato
interveniente in una botticella, o bossolo di legno aperto, il quale,
compiuta l'opera, ed imbussolati i novanta numeri, chiudevansi da un
quarto Magistrato, e mettevasi da un quinto sopra un vassoio d'argento,
sul quale era portato da un ufficiale alla vista del popolo in una cassetta
d'argento in forma cubica. All'entrare de' Magistrati nella loggetta,
le trombe suonavano a festa come nel tempo che passava fra l'estrazione
del primo al secondo numero, e così in seguito. Posto il trovatello
in luogo alto, onde ognuno potesse vederlo operare, i servienti dell'ufficio
rimescolavano la cassetta ch'era chiusa a chiave, e, questa aperta,
estraevasi un numero. Chiusa nuovamente riaprivasi per estrarne altro
numero, e così successivamente fino al quinto. Ad ogni estrazione di
numero, questo era bandito a voce prima agli astanti dai donzelli de'
Magistrati; di poi tosto si pubblicavan tutti li cinque numeri estratti
a stampa; prima ancora una torma di biricchini correva nelle varie calle
della città recando con grida a pubblica notizia qué numeri, vendendone
la nota scritta da essi a mano sur un pezzetto di carta per un soldo
veneto". Questo sistema di gioco restò invariato molto a lungo
sino alla prima dominazione austriaca (1797-1806). Anche a Venezia il
lotto "nero" dovette avere una larga diffusione visti i numerosi
interventi normativi che furono emanati per combattere questa pratica
illegale
MILANO
A Milano il gioco del lotto non si può certo dire che abbia avuto vita
facile. Una serie infinita di divieti, si alternò a concessioni straordinarie,
"grida" che lo vietavano, si anteposero ad editti che lo regolamentavano.
Del resto a far chiarezza sulla materia non ha contribuito la frequente
alternanza del potere che in poco più di due secoli ha visto passare
per le vie di Milano prima la dominazione spagnola, poi quella austriaca,
poi quella francese, poi di nuovo quella austriaca, ed infine quella
piemontese. Sembra comunque certo che il gioco del lotto a Milano fu
introdotto al principio del XVII secolo. E' quanto testimonia l'autorevole
storico del gioco del lotto, Petitti di Roreto. E' assai probabile,
se non proprio certo, che il gioco si sia diffuso nell'area del capoluogo
lombardo facendo riferimento alle estrazioni del gi famoso "Giuoco
del Seminario" che si svolgeva a Genova. A confermare l'origine
genovese del lotto milanese starebbe la "grida" del 4 febbraio
1644 che appunto vietava, in verità senza troppo successo, l'introduzione
da Genova del "Gioco del Seminario". Interessante notare come
il divieto fosse dettato dal fatto che - come si legge nella "grida"
- il gioco non era "libero, e sincero, ma fraudolento, o almeno
facile è cagionar' inganni, e pernicioso al ben pubblico, perciòché
inclinandosi molti inesperti della plebe, e donnicciuole con la speranza
vana del guadagno ad entrar nel giuoco, vanno in esso dispensando, e
consumando quello, che dovrebbe servire per il sostento delle case loro".
Eppure, nonostante il divieto, il gioco continuò a crescere in clandestinità
tanto che il 2 luglio 1665 il Governatore della città di Milano fu "costretto"
a concedere per 20 anni a tal Giovanni Battista Via la concessione del
gioco in cambio della metà degli utili. Anche Milano aveva ormai capito
che il lotto poteva trasformarsi per le casse dello Stato in una formidabile
"macchina fabbrica-soldi". Eppure, nonostante la concessione,
il gioco ufficiale stentò a decollare tanto che fu necessario procedere
all'assegnazione di successivi appalti a diversi gestori per ottenere
il sospirato guadagno da distribuire all'erario. Guadagno che per non
dovette essere mai così esaltante se nel 1688 il governatore spagnolo
fu costretto a tornare sui suoi passi, revocando l'autorizzazione del
gioco e rendendolo di fatto illegale. Il gioco naturalmente continuò
a pieno ritmo, con la sola differenza che i giocatori, invece di scommettere
sul lotto di Milano, puntavano su quello di Genova. E che questo sia
accaduto realmente n'è prova l'impennata degli introiti registrati in
quegli anni dal gioco nella vicina repubblica ligure. Dopo un infruttuoso
tentativo di vietare la raccolta del "Gioco del Seminario"
che si svolgeva a Genova (1696), il 27 Marzo 1696 il Governatore di
Milano pose rimedio a questa "fuga di capitali all'estero",
concedendo la privativa della raccolta del gioco di Genova sulla piazza
di Milano ad una sola persona, tal Francesco Ripamonti, in cambio di
ben 40.000 lire annue. Il risultato dell'operazione dovette essere del
tutto fallimentare se qualche anno dopo nel 1698 il governatore decise
di revocare "qualonque permissione, e toleranza da qui adietro
concessa di poter esercire, è far'esercire in questo Stato detto Giuoco
chiamato del Seminario all'uso di Genova proibendo espressamente ad
ogn'uno il tener'aperte Botteghe, Luoghi per giuocare detto giuoco".
Il divieto venne ulteriormente sancito nel 1700 quando la "grida"
del 10 febbraio confermò il divieto assoluto di prendere parte al gioco
del Seminario di Genova stabilendo "la confiscazione immediata
dei beni, quella ancora di tre tratti di corda in pubblico e sei anni
di galera". Per dare ancora maggiore incisività all'azione repressiva
il legislatore arrivò a promettere "all'accusatore, di più del
segreto, il premio della metà della suddetta confiscazione". Di
fronte alla continua crescita del lotto illegale era comunque gioco
forza che le autorità tornassero sui loro passi. Il 18 maggio 1702 il
Principe Carlo Enrico di Lorena, a nome di Sua Maestà Filippo V, re
di Spagna, concesse ad un unico appaltatore la facoltà di organizzare
due estrazioni all'anno. Nel 1706 il passaggio dei poteri dall'amministrazione
spagnola a quella austriaca non turbò il regolare svolgimento del gioco.
Anzi il governo d'oltralpe puntò ad un suo organico sviluppo. Così a
fianco alla raccolta delle giocate per il Gioco del Seminario di Genova,
l'amministrazione asburgica volle impiantare un lotto tutto milanese.
Con un editto del 22 dicembre 1768, Maria Teresa d'Austria fissò nuove
regole, concedendo la licenza alla famiglia Minonzi dietro il pagamento
di un canone annuo di 150.000 lire e prevedendo la partecipazione agli
utili della Regia Camera per un terzo. L'editto stabiliva che fossero
svolte 11 estrazioni l'anno mediante l'imbussolamento di 90 numeri.
Contestualmente era anche concessa la licenza di raccolta del "Gioco
del Seminario" di Genova. A partire dal 1784 il gioco del lotto
venne gestito direttamente dalla Regia Camera e fu stabilita a favore
dell'erario la cifra di 227.000 lire annue, pari al canone dell'ultimo
appalto. Il rimanente delle entrate venne destinato alla costruzione
di nuove scuole. In realtà questa disposizione non fu rispettata poiché
quell'anno il Municipio di Milano dovette provvedere all'illuminazione
notturna della città in compenso per ogni estrazione furono prelevate
5 doti da 50 lire ognuna da destinarsi a cinque ragazze da marito. Nel
1787 queste doti furono destinate ad operaie delle manifatture di seta
allo scopo di promuovere tale settore. Il numero delle estrazioni salì
a 26, di cui tredici si svolgevano a Milano e tredici prendevano come
riferimento i numeri estratti a Torino. A Milano, come in altre città,
si stabilirono limiti di gioco e si adottarono alcuni sistemi diretti
a limitare le spese eccessive per le vincite, come ad esempio il controllo
delle giocate elevate (il "castelletto") o addirittura il
divieto per i ricevitori di accettare ulteriori puntate su determinati
numeri. Con l'invasione napoleonica il lotto milanese restò sostanzialmente
invariato anche se le tariffe vennero allineate alla "lotteria
imperiale" in uso in Francia. Nel 1817, dopo la caduta di Napoleone
a Waterloo, l'imperatore Francesco I tornato sul trono del regno lombardo-veneto,
emanò un decreto con cui regolamentò in maniera organica l'intera materia.
A seguito della vittoria nella battaglia di Villafranca, le truppe piemontesi
conquistarono definitivamente il regno ed il lotto di Milano confluì
prima in quello di Torino e poi in quello italiano.
ROMA
Anche a Roma da oltre tre secoli il gioco del lotto fa parte del tessuto
della cultura e delle tradizioni popolari. Splendidi acquarelli del
Pinelli e dissacranti sonetti del Belli e di Trilussa, immortalano questo
gioco nell'immaginario collettivo della città. Eppure la storia del
lotto a Roma non ha certo avuto facile corso. Importato clandestinamente
dagli altri Stati, se ne ha notizia sin dal 1666 quando Filippo IV,
re di Spagna, chiese a Papa Alessandro VII Chigi di decidere circa la
liceità sul piano religioso del gioco del lotto che si stava diffondendo
anche nelle sue terre. Sua Santit boll immediatamente il gioco, condannandolo
come peccato grave e prevedendo pesanti pene ai giocatori e la reclusione
per i ricevitori. Inoltre stabilì che tutti coloro che avessero comunque
a che fare con il diabolico gioco fossero scomunicati "ipso facto
incurrenda". La bolla papale generò grande malcontento tra la popolazione
che aveva preso a giocare con passione ai lotti di Genova, Modena e
Napoli. La posizione di Papa Alessandro VII fu per confermata prima
da Innocenzo XI Odescalchi, che emanò due bolle di divieto nel 1676
e nel 1685, e poi da Innocenzo XII Pignatelli che ribadì nel 1696 il
divieto allargandolo a qualsiasi altra forma di scommessa. Nonostante
queste decise proibizioni il gioco del lotto clandestino a Roma prosperò
in maniera sempre più ampia. Clemente XI Albani pensò allora di ridiscutere
tali divieti ed affidò la questione ad un'apposita congregazione di
teologi e canonisti che dopo "diligente discussione" giunsero
alla conclusione che "non si doveva permettere n in Roma n altrove
dello Stato Ecclesiastico l'uso di simili giochi, se non sotto le condizioni
e cautele e con il regolamento della medesima congregazione proposto
e insinuato". Come dire che il gioco del lotto sarebbe potuto diventare
legale solo se gestito dallo Stato Pontificio. Nel 1721, a seguito di
tale illuminato parere, Papa Innocenzo XIII permise l'introduzione del
gioco. Interessante notare che nell'editto veniva stabilito che"nessuno
dovesse ardire a giocare ai Lotti di Genova, Milano, Venezia e Napoli
o a qualunque altro, tanto dentro che fuori dallo Stato Ecclesiastico".
L'abilità dei Papi di dettare un'attenta politica finanziaria trovò
puntuale conferma anche nel campo del lotto. La gestione del gioco venne
infatti data in appalto a privati a condizione che le vincite per ambo
e terno fossero maggiori di quelle riservate ai vincitori di altri Stati,
rispettivamente del 20% e dell'80%. Grazie a questo importante vantaggio
a favore del giocatore, il gioco conobbe una vera e propria esplosione,
anche per il forte afflusso di giocate provenienti da territori stranieri.
Per dopo appena quattro anni, nel 1725, Papa Benedetto XIII, subito
dopo la sua successione a Papa Innocenzo XIII, cancellò quanto fatto
dal suo predecessore emanando tre diversi editti che tornarono a vietare
il lotto a Roma. Nonostante il divieto, i sudditi papali continuarono
a giocare al lotto sia a Roma (con il lotto clandestino), sia soprattutto
partecipando ai lotti stranieri. Questo fenomeno indusse il Papa ad
emanare una costituzione, datata 12 agosto
1727,
che prevedeva nuove pene spirituali, oltre quelle temporali previste
dai precedenti tre editti. Gli ecclesiastici sorpresi a giocare al lotto
venivano sospesi "a divinis" mentre era prevista la scomunica
per i sudditi. Inoltre per tale reato non era consentito ai confessori
concedere l'assoluzione se non in punto di morte e direttamente dal
Papa o a seguito di sua espressa autorizzazione. Per fortuna le anime
dei romani restarono in pericolo solo quattro anni perché nel 1731 la
liceità del gioco del lotto venne prontamente ristabilita. Papa Clemente
XII decise di reintrodurlo al fine di trovare i fondi necessari per
costruire una grande fontana al termine dell'acquedotto dell'acqua Vergine,
uno dei più importanti tra quelli che portavano l'acqua a Roma, fatto
costruire nel 19 a.C. da Marco Vispanio Agrippa lo stesso che fece erigere
il Pantheon. Di l a poco, grazie ai proventi del lotto, sarebbe nata
la fontana di Trevi, la fontana più famosa del mondo. Inutile dire infatti
che per realizzare il grandioso progetto pontificio occorrevano ingenti
quantità di denaro. In quegli anni le casse vaticane erano per particolarmente
dissestate. A complicare le cose stava il fatto increscioso che, come
detto, solo sei anni prima Papa Benedetto XIII ne aveva sancito l'assoluto
divieto. Per non avere rimorsi di coscienza ma soprattutto per evitare
di cadere in aperta contraddizione con il suo predecessore, Clemente
istituì una commissione "ad hoc" con il compito di esaminare
nuovamente i vari aspetti legati al gioco, non ultimi quelli religiosi.
I lavori della commissione non durarono a lungo, anche perché il Papa
aveva fretta di aprire il cantiere per la nuova fontana. La congregazione
diede ovviamente parere favorevole al ristabilimento del gioco. E' assai
interessante sintetizzare i motivi, alcuni dei quali anche di natura
religiosa, che spinsero il Papa a dare seguito alle richieste del popolo:
a) il gioco poteva essere reintrodotto in quanto vi era allora stato
un eminente parere di un'apposita congregazione; b) tutte le precedenti
proibizioni non avevano sortito grandi effetti; c) era grande il rischio
per i numerosissimi giocatori di andare incontro non solo alle sanzioni
previste dalla legge ma anche alla possibilità che i gestori clandestini
li defraudassero della vincita, soprattutto se questa era particolarmente
elevata; d) la sincera afflizione del Santo Padre nel sapere che migliaia
di suoi fedeli andavano incontro alla dannazione della loro anima, pur
se molti confessori non davano corso alle disposizioni papali assolvendo
ugualmente i giocatori pentiti; e) la grande fuga di denaro dalle casse
dello Stato Pontificio verso le casse degli Stati stranieri. Tanto più
che con il provvedimento concessorio di Papa Innocenzo XIII si era potuto
invertire il flusso, in quanto il lotto a Roma prevedeva quote per l'ambo
e per il terno notevolmente superiori a quelle praticate in altri Stati
e questo faceva affluire ingenti somme di denaro dall'estero verso il
lotto di Roma; f) durante la gestione statale del lotto si era potuto
verificare che questo assicurava l'onesto sostentamento di oltre quattrocento
famiglie. Avendo brillantemente risolto i problemi di ordine morale
e religioso, il 12 dicembre 1731 Papa Clemente XII emanò l'editto con
cui affermava "il ristabilimento in Roma di un nuovo gioco del
Lotto" che restava per interdetto alle persone vincolate al voto
di povertà, ai frati ed alle monache. L'incarico di gestire il gioco
fu concesso alla congregazione dei notabili dell'Impresa de' lotti e
all'Arciconfraternita di S. Gerolamo della Carità. Anche per dare una
finalità morale a tale nuova attività, il Papa stabilì che i proventi
del gioco dovessero essere impiegati per assicurare ad ogni estrazione
un'onorata dote a cinque povere zitelle e, naturalmente, per la creazione
di un fondo destinato alla realizzazione di opere pubbliche. La scelta
di affidare la concessione all'Arciconfraternita non fu causale ma dettata
dal fatto che essa gi gestiva una seguitissima lotteria. Riportiamo
l'interessante descrizione ad opera del Clementi della prima estrazione
del nuovo lotto effettuata in data 14 febbraio 1732 in piazza del Campidoglio
a differenza della precedente gestione che la effettuava a piazza Montecitorio:
"Figurarsi l'attesa del popolino al quale per non mancava un immediato
sconforto. Aperti i botteghini per il nuovo gioco, un gerente se ne
fuggiva con 400 scudi riscossi dai giocatori! Fu la prima... vincita
al Lotto! La prima estrazione, eseguita il 14 febbraio, giovedì precedente
al primo sabato di Carnevale, era organizzata come una grande solennità.
Sulla piazza del Campidoglio era stato eretto un palco, ornato di velluti,
sul quale prendeva posto il Commissario con i chierici della Camera.
Per il bussolo posava sul tavolo alla volta del pubblico una bella urna
di rame inargentata. Le palle furono deposte nell'urna da un uomo di
gran voce, vestito con zimarra paonazza, che diceva i numeri innanzi
al popolo. Tanta era la folla accorsa per assistere all'estrazione che
gremiva non solo la piazza del Campidoglio e la scalinata ma si stendeva
fino al palazzo Astalli. Un fanciullo degli orfanelli estrasse 5 palle
dall'urna e ne disse al popolo i numeri che per la storia furono i seguenti:
56 - 54 - 18 - 6 - 23. Si immagina la gazzarra dei vincitori, per i
quali il Carnevale non poteva inaugurarsi sotto auspici migliori. Naturalmente
non mancò chi subito approfittasse del gioco del lotto per inaugurare
una piccola speculazione cabalistica". L'operazione ebbe un notevole
successo. Infatti, sin dalla terza estrazione, il governo pontificio
centrò il suo obiettivo assicurandosi le entrate fiscali necessarie
per dare corso ai lavori. Il 12 maggio 1732 Papa Clemente poté quindi
stanziare i primi finanziamenti per la costruzione della fontana di
Trevi. Lo apprendiamo dalla lettura di un manoscritto del 2 ottobre
dello stesso anno redatto di pugno da Papa Clemente XII: "Abbiamo
per detta opera assegnata la somma di scudi 17.647,71 ritratta dal sopravanzo
della terza estrazione del lotto di Roma del 12 maggio prossimo passato".
Nel 1737, poiché anche altri Stati, avevano aumentato i premi per l'ambo
ed il terno allineandoli a quelli di Roma, si cercò di attirare l'attenzione,
ridestando l'interesse dei giocatori con un'operazione finanziaria che
consisteva nel riconcedere, seppur in un nuovo modo, l'appalto del lotto.
Furono così posti in vendita 20.000 carati, o porzioni, di 50 scudi
ognuno. Il milione di scudi ricavato doveva essere suddiviso in questo
modo: 300.000 scudi a disposizione del Papa, per lo Stato e per qualsiasi
urgenza di Roma: 700.000 scudi al monte di pietà. Quest'ultima cifra
sarebbe servita nella somma di 100.000 scudi per il pagamento delle
vincite del gioco qualora non fosse stato sufficiente l'incasso delle
puntate; i restanti 600.000 scudi sarebbero stati investiti come riserva
di gioco (se ad esempio il lotto fosse stato un giorno proibito, questa
cifra, ed i proventi derivati dagli investimenti con essa compiuti,
sarebbero stati divisi fra i caratisti). Ai possessori di questi carati
spettavano i due terzi degli utili netti ed anche gli interessi derivati
dai suddetti investimenti nella cifra in cui avessero superato il milione
di scudi. Ciò garantiva un fondo permanente di notevole entità e di
conseguenza annullava qualsiasi possibilità di rischio sia per i caratisti
che per lo Stato. Nel 1770 Pio VI decise di tornare al sistema della
gestione centralizzata assunta dalla Reverenda Camera, con la solita
sovraintendenza della Tesoreria Generale. Risulta che nel 1785, sempre
sotto Pio VI, gli utili derivati dal lotto contribuirono alla bonifica
delle Paludi Pontine. A seguito dell'occupazione francese nel 1811,
durante la quale si consumò la grande "offesa" che vide l'arresto
di Papa Pio VII Chiaramonti, il lotto continuò senza interruzioni. Cambi
solo la sede ove avvenivano le estrazioni. Dalla piazza del Campidoglio
si spostò l'urna nella Chiesa delle Suore Benedettine della S.S. Concezione
di Maria in Campo Marzio. Interessante notare come furono cambiati i
tempi in cui il lotto era malvisto dal Governo, se è vero che l'estrazione
avveniva proprio sull'altare maggiore ed i numeri estratti venivano
affissi sulla facciata esterna della chiesa. Al ritorno del Papa, l'estrazione
fu nuovamente spostata in piazza Montecitorio ed il gioco cambi nome
denominandosi "Gioco del Lotto di Roma e Toscana". L'estrazioni
da nove salirono a 48: 24 si svolgevano a Roma e 24 in Toscana, ed il
giorno dell'estrazione venne fissato il sabato alle ore 12.00.
BOLOGNA
Anche nell'antico territorio dipendente da Bologna il gioco del lotto
ha conosciuto avverse fortune: divieti, bolle papali di interdizione,
carcere e pene corporali per i trasgressori. Nulla comunque servì a
fermare lo sviluppo del gioco. La comparsa di un qualche sistema di
gioco popolare a Bologna e probabilmente nelle Romagne può esser fatta
risalire a prima del 1551 secondo quanto risulta in un documento di
quell'anno, conservato nell'Archivio di Stato di Bologna. Tale documento
specificava che il lotto era diviso in tre parti ma ciò non è sufficiente
per capire esattamente come si articolasse il gioco. Sappiamo solo che
i premi consistevano in gioielli e che l'estrazione veniva effettuata
tre mesi dopo l'apertura della raccolta delle giocate. Inoltre a quella
data il lotto non era regolamentato n sottomesso a divieto alcuno tanto
che veniva talvolta gestito da Congregazioni, da pubblici amministratori
o addirittura da privati cittadini. Ciò non vuole dire che lo Stato
Pontificio non fosse a conoscenza della sua esistenza o ancor più dei
guadagni che ne derivavano. Infatti nel 1589 Sisto V decretò che i premi,
vinti al lotto e non ritirati entro i 10 giorni successivi, fossero
devoluti alla Compagnia di S. Bernardo in Roma. Ma proprio della fine
del '500 il primo decreto con il quale si vietò ogni tipo di lotteria.
Per quanto riguarda il gioco del lotto nell'accezione moderna, dobbiamo
ricordare che sempre stato strettamente legato al lotto di Roma da quando
Giulio II nel 1506 sottrasse la regione al dominio della famiglia Bentivoglio.
Come in altre regioni d'Italia, anche qui i divieti non impedirono per
lo sviluppo del gioco. Non a caso il testo del successivo bando del
22 settembre 1714 iniziava proprio con l'evidenziare la "poca stima
si era avuta delle proibizioni tante volte promulgate de Giuochi".
Le prime risalivano al secolo precedente. Ci fu quella imposta dal Cardinale
Cybo, con la sua lettera del 17 ottobre 1676, con cui "si vietavano
i giuochi d Lotti di Genova, Milano e Torino, e di qualsivoglia altra
Città, e Luogo". Il 3 gennaio 1710 il Cardinale Lorenzo Casoni,
riconfermando tutte le proibizioni ordinate dai suoi predecessori, vietò
ogni sorta di giochi, fra cui dadi, riffe e lotti. Innocenzo XIII nel
1721 ammise il gioco a Roma e in tutti gli Stati della Chiesa. In quell'occasione
Bologna per motivi più di cassa che di campanile, chiese ed ottenne
di mantenere il proprio gioco senza rientrare nella gestione centralizzata
di Roma. Nonostante questo, il gioco fu cancellato da Papa Benedetto
XIII e poi reintrodotto da Papa Clemente XII nel 1731 (si veda la storia
del lotto a Roma). A seguito dell'occupazione francese, il lotto bolognese
si separò da quello dello Stato pontificio anche se si seguitarono ad
accettare scommesse per estrazioni effettuate in diverse parti d'Italia,
tra cui Roma. Anche a Bologna il gioco del lotto era strettamente legato
alla sorte delle "solite"... zitelle. Tra le novanta orfane
in et da marito venivano estratti cinque nomi cui veniva riconosciuta
una dote ottenuta dai proventi della raccolta delle giocate. L'occupazione
di Bologna ad opera delle truppe austriache, (1799) ebbe come prima
conseguenza quella di bloccare completamente l'attività di gioco che
riprese invece con regolarità con il ritorno dei francesi. Proclamata
la Repubblica Italiana, il Governo, con legge del 7 settembre 1802,
fu autorizzato a riprendere quelle regole in vigore in altre parti d'Italia,
che risultavano essere le più remunerative per la Nazione. Nel 1815
Bologna, con il trattato di Vienna, tornò a far parte dello Stato della
Chiesa. Il gioco del lotto si identificò cos nuovamente con quello pontificio.
Nel 1834 si giunse ad un vero e proprio ordinamento di questo gioco
ad opera di monsignor Tosti, Tesoriere Generale di Sua Santità. Innanzitutto
era sancito il divieto di giocare in altre città riservando così il
monopolio del lotto all'impresa Romana. I "prenditori" dovevano
avere regolare autorizzazione e non potevano raccogliere giocate al
di fuori del territorio loro designato. Veniva proibito qualsiasi altro
gioco d'azzardo (lotterie, riffe, tombole) di qualsiasi natura fosse
il premio in palio. Furono regolamentati i giorni e gli orari delle
estrazioni così come quelli di apertura e chiusura dei banchi. Vennero
poi sancite le pene per i falsificatori: a seconda della gravità del
caso si andava da un minimo di 10 anni di carcere alla pena di morte.
I biglietti erano composti di due parti identiche fra loro: la matrice
per l'impresa e la bolletta per il giocatore. Alla chiusura delle giocate
tutte le matrici dovevano esser riposte in un armadio a tre diverse
serrature. Vennero regolamentate anche le giocate a credito: il giocatore
doveva dare una caparra pari a due giulii per ogni scudo scommesso e
sanare il suo debito prima dell'estrazione. Furono proibite le giocate
di mezzo baiocco poiché causavano da una parte eccessivo lavoro per
l'impresa, dall'altra non potevano che consentire vincite molto limitate
ai giocatori. L'editto contenente queste disposizioni doveva essere
affisso bene in vista in ogni ricevitoria, pena una multa di 100 scudi
per il prenditore. Tre anni pi tardi Monsignor Tosti dovette per intervenire
su questa regolamentazione per legittimare la consuetudine dei ricevitori
di chiedere una soprattassa di mezzo baiocco ai giocatori ritardatari.
La scusa era quella di dover pagare personalmente un corriere che provvedesse
alla consegna della matrice all'impresa. Ma tale legittimazione ebbe
un costo anche per i ricevitori visto che fu deciso che i sei decimi
di quel mezzo baiocco all'amministrazione del lotto. Tutto restò inalterato
fino a quando, nel 1860, l'Emilia assieme alla Toscana, grazie al famoso
plebiscito, si un al Piemonte nel grande disegno dell'unità d'Italia.
Anche il gioco del lotto seguì le sorti della regione uniformandosi,
pur se non immediatamente, a quello nazionale.
TORINO
Se a Genova il predecessore del moderno gioco del lotto era chiamato
"Giuoco del Seminario", a Torino le scommesse erano legate
al "gioco delle zitelle". Dall'esame di un documento del 1674
si può verificare che Carlo Emanuele II concesse ad un tal Chiapissone
la facoltà di "introdurre nello stato di Sua Altezza Reale un'estrazione
da farsi ad imitazione di quelle di Genova e Milano". Le scommesse
erano abbinate all'estrazione di cinque fortunate tra cento nomi di
"povere figlie". Alle vincitrici veniva regalata una dote
di cento lire da versare "al tempo de loro matrimoni, o occasioni
di essere religiose". L'estrazione avveniva quattro volte l'anno.
Interessante notare che la lista delle cento "candidate" era
predisposta personalmente da Sua Altezza Reale. Il gioco conobbe una
certa fortuna tanto che venne addirittura "riesportato" a
Genova, patria del gioco del lotto. Nel 1735 risulta infatti che nella
città della Lanterna venne richiesta l'autorizzazione a svolgere il
"gioco delle zitelle". Successivamente il gioco delle zitelle
prese piede anche a Napoli ed in molte altre parti della penisola. Tornando
a Torino, vediamo come, a fianco degli iniziali scopi umanitari, anche
il Governo piemontese non trascurò evidenti finalità fiscali. La gestione
del gioco venne infatti affidata in cambio di canoni di concessione
sempre più alti. Di concessione in concessione il gioco prosperò sino
al 1713 quando il duca Vittorio Amedeo II, "preferendo l'utilità
dei sudditi a quelle delle nostre finanze" lo proibì, comminando
pene corporali sia ai tenutari (due tratti di corda) che ai giocatori
(un tratto). Fu necessario attendere sino al 1742 perché, sotto la spinta
del debito pubblico, il gioco del lotto tornasse legale. Il 17 luglio
un certo Antonio Tedeschi ebbe in concessione la raccolta del gioco
del "Seminario di Torino" per 114.002 lire annue. Fra il 1754
e il 1798 l'incasso globale ammontò a 18,9 milioni di lire e i proventi
a 12,7 milioni con un rapporto dunque di due terzi di entrata netta.
In questo periodo furono autorizzate molte lotterie per le più svariate
cause sociali: a favore di ospedali, ospizi, ordini di frati etc. e
persino per cause riguardanti singoli individui (infortuni, indigenti,
carcerati, etc.). In generale i prezzi dei biglietti erano superiori
a quelli del "lotto di seminario", tanto da essere spesso
inaccessibili al popolo. Si giunse così ad una diversificazione di lotterie
per classi. Il governo incassava il 10% sul prezzo dei biglietti. Il
gioco era così diffuso che in Piemonte si rese necessaria l'istituzione
di un giudice speciale per giudicare le cause civili e criminali relative
a questioni legate al lotto. Successivamente il gioco continuò la sua
progressiva espansione sino al 1802 quando il Piemonte cadde nella rete
di Napoleone. Il lotto allora confluì nella "Lotteria Imperiale
Francese. Nel 1814, al ritorno in patria dei reali sabaudi, il gioco
continuò come se nulla fosse accaduto passando sotto la Direzione Generale
della Regia lotteria. Una serie di importanti provvedimenti normativi
(emananti nel 1816, nel 1820, nel 1838 e nel 1841) regolamentarono assai
minuziosamente il gioco, fissando rigide regole contabili. Ogni mese
alla presenza del vicario e dei sindaci di Torino si effettuavano in
pubblico due estrazioni. Da ogni comune il sindaco chiedeva i registri
e segnava l'ora della partenza del pedone che li portava a Torino e
che doveva giungerci un giorno prima dell'estrazione, perché i registri
fossero verificati e archiviati prima di provvedere all'estrazione.
Fino al 1814 ai ricevitori del lotto fu riconosciuto l'aggio dell'8%,
più tardi (1828) tale percentuale rimase all'8% per le prime 20.000
lire riscosse, scendendo progressivamente fino all'1% sulle riscossioni
oltre le 200.000. Le vincite erano pagabili entro 4 mesi, trascorsi
i quali il diritto al premio decadeva. Le estrazioni rimasero quattro
al mese: due sulla ruota di Torino e due facevano riferimento alle estrazioni
di Genova. Il numero di "banchi" fu dapprima stabilito in
216 ma in seguito fu regolato in base alla popolazione: un banco in
comuni di almeno 3000 abitanti e uno ogni 4.000 nelle città.
NAPOLI
A Napoli il lotto è re. E' così tanto diffuso che molti probabilmente
pensano che il gioco sia proprio un'invenzione partenopea. E' invece
molto interessante notare che in realtà qui il lotto si diffuse tardivamente.
La sua prima apparizione è datata 1682 ed era prevista una sola estrazione
l'anno. Successivamente le estrazioni furono portate a due o tre all'anno.
Nel 1689 il gioco del lotto venne addirittura abolito, perché considerato
"pernicioso per gli interessi delle famiglie", ed i napoletani
dovettero attendere ben 24 anni prima di poter tornare a giocare. Nel
1713 fu infatti decretata la sua definitiva reintroduzione. Furono previste
tre estrazioni annuali, portate a nove nel 1737. Il gioco, che in un
primo tempo si chiamava "Seminario di Napoli" e poi "Nuovo
Lotto di Napoli", era legato, come in molte altre zone italiane,
all'estrazione di cinque nomi tra quelli di novanta zitelle. Per dare
un impulso al gioco nel 1774 vennero affiancate alle nove estrazioni
di Napoli altre nove che avevano luogo a Roma, fino a quando, nel 1798,
fu deciso che tutte le diciotto estrazioni fossero effettuate a Napoli.
Fino ad allora il gioco venne gestito mediante la concessione in appalto
ma in quell'anno fu istituita un'amministrazione speciale. Nel 1804
il numero delle estrazioni salì a 24. Il gioco continuò a svolgersi
con regolarità anche sotto la denominazione francese. Il 18 gennaio
1806 il Comandante Giuseppe Bonaparte emanò un decreto con il quale
rassicurava la popolazione circa il suo regolare svolgimento. "Le
estrazioni - si legge nel decreto - continueranno a darsi nel modo solito
e le vincite saranno religiosamente pagate, come in passato". Nel
1807 ci fu un tentativo, di istituire una "regia interessata",
affidandola per sei anni all'imprenditore Carlo Guedard, a fronte della
corresponsione di un canone annuo di ben 286 mila ducati. Lo Stato si
riservò anche una partecipazione sugli utili. L'anno successivo le estrazioni
aumentarono di numero, passando prima a 25 e poi, nel 1811, a 26. Nel
1810 il contratto fu sciolto a causa delle gravi perdite subite dal
gestore. Il lotto tornò allora allo Stato che costituì, l'anno successivo,
un servizio autonomo con la denominazione di "Amministrazione de'
Regali Lotti", alle dirette dipendenze del Ministero delle Finanze.
Col diffondersi del gioco crebbero anche il numero delle estrazioni.
Nel 1817 salì a 50, 25 "ordinarie" e 25 "straordinarie",
anche grazie all'abolizione del lotto a Palermo. I ricevitori venivano
chiamati "prenditori" o "pastieri" e le ricevitorie
"pasti" o "botteghini". Abbiamo notizia che nel
1843 i "Botteghini" erano circa mille, ben distribuiti nel
territorio del Regno, esclusa la Sicilia (che gestiva un lotto proprio).
Le estrazioni avevano luogo il sabato nel palazzo della "Vicaria"
ove aveva sede il tribunale. Alla presenza di due magistrati della Grande
Corte dei Conti in toga e di due cittadini, venivano estratti i cinque
numeri per mano di un bambino bendato scelto nelle parrocchie della
città. Prima dell'estrazione il bimbo veniva benedetto dal parroco di
Santa Caterina a Tornello. L'estrazione avveniva alla presenza di due
cittadini del "popolino" che venivano appositamente chiamati
a salire sul palco per certificare la regolarità delle procedure. Per
ogni estrazione venivano assegnate cinque doti ad altrettante zitelle
i cui nomi erano stati abbinati ai cinque numeri estratti tra i novanta
imbussolati. Nel 1799 l'importo della dote venne fissato in 25 ducati
ciascuna. Il lotto a Napoli conobbe subito grande diffusione e popolarità
ma Garibaldi, con un decreto a propria firma, ne decise l'abolizione
a partire dal primo gennaio 1861. L'ordine non fu mai eseguito perché,
a seguito del plebiscito che stabilì l'unione dei territori del regno
delle Due Sicilie all'Italia, il gioco fu nuovamente reso legale nella
non difforme versione nazionale. Anche a Napoli il lotto non mancò di
avere anche finalità sociali. Nel 1764 infatti re Ferdinando ordinò
che con i proventi del lotto fosse assegnata un'elemosina di sette ducati
alle Cappuccinelle, dette le "Trentatre", perché pregassero
per la felicità del Regno. In maniera assai simile nel 1817 fu stabilito
che un'elemosina di 3 ducati e settanta fosse devoluta in occasione
di ogni estrazione straordinaria.
PALERMO
Non è facile stabilire con esattezza quando il lotto fece la sua prima
apparizione nell'isola. Secondo alcuni storici (Pirtè, Petitti di Roreto)
il gioco iniziò a diffondersi prima a Palermo e poi in tutta la regione
dopo la sua istituzione a Napoli nel 1713. Secondo il Majorana invece
il lotto "ebbe istituzione pubblica come in Napoli nel 1682, l'abolizione
nel 1689 e ristabilimento nel 1713". Il popolo lo identificava
come "iocu di Napoli". Alcune fonti indicano che nel 1758
ne fu stabilita ufficialmente l'istituzione prevedendo nove estrazioni
all'anno sulla ruota di Napoli. Lo si deduce dal manoscritto "Opuscoli
palermitani, giuochi volgari si di mano come di sorte usati in Sicilia"
di Emanuele Gaetano Francesco, marchese di Villafranca, e dalla lista
delle novanta zitelle legate all'estrazione del 4 febbraio 1758 sulla
ruota di Napoli, in possesso dell'Intedenza di Finanza di Palermo. In
calce all'editto, è stata riportata a mano la seguente dicitura: "Regio
Lotto di Napoli or qui a Palermo". Da ciò si deduce come il lotto
di Palermo, pur collegato a quello di Napoli, avesse in realtà vita
propria. Una "regia impresa" doveva curarne la gestione. Sin
dai primi anni del 1800 anche Palermo ebbe proprie estrazioni. Dall'esame
di alcune giocate di quel periodo, si può capire che probabilmente si
poteva scommettere su abbinamenti gi predisposti di nomi di zitelle.
Le giocate infatti erano prestampate. Il giocatore poteva cioè scegliere
tra le varie, possibili combinazioni predefinite stabilendo la posta.
Con proprio decreto del 1816 re Ferdinando IV decretò che sui numeri
estratti sulla ruota di Palermo potessero giocare anche i sudditi che
non risiedevano in Sicilia. Avvenuta l'estrazione a Palermo nel Palazzo
del S. Uffizio, il Gran Camerario del Dipartimento del lotto di Sicilia
comunicava i nomi delle zitelle vincitrici ed i relativi numeri al Direttore
Generale del lotto di Napoli. Per accelerare i tempi di informazione
veniva utilizzato il sistema del telegrafico ottico che operava regolarmente
tra le due città. Il 10 dicembre 1817 furono raddoppiate le estrazioni
di Palermo, aggiungendo, alle dodici estrazioni ordinarie, altre dodici
straordinarie. Nel complesso dunque si ebbero ventiquattro estrazioni
all'anno. Le giocate sulle estrazioni straordinarie potevano essere
raccolte solo nei comuni di Palermo, Messina e Catania. Alle fortunate
zitelle, estratte con le estrazioni straordinarie, veniva riconosciuta
una dote pari alla metà di quella fissata per le estrazioni ordinarie.
Nel 1820 la raccolta del gioco per le estrazioni straordinarie fu estesa
a Trapani, Agrigento (indicato nell'editto con l'antico e nobile nome
di Girgenti), Corleone, Termini, Caltanissetta e Cefalù. La gestione
del lotto di Palermo era affidata alla "Amministrazione della Regia
Impresa del Lotto". L'Amministratore generale, nominato nella persona
del Principe di Altofonte, controllava due amministratori, uno a Messina
ed uno a Catania. Nel 1852 le estrazioni annuali furono elevate a 50.
Si svolgevano tutti i sabati eccetto quelli successivi a Natale e Pasqua.
Nel 1863 il gioco del lotto di Palermo fu inglobato nel gioco del lotto
nazionale.
LUCCA
A Lucca per oltre centoventi anni il gioco del lotto ebbe vita autonoma.
La prima notizia sul gioco della repubblica oligarchica toscana risale
al 1722, esattamente al 27 marzo. Anche in questa parte d'Italia, il
gioco fu inizialmente duramente osteggiato. E' anzi interessante notare
che il motivo che spinse il Senato a promulgare una legge di autorizzazione
del gioco, fu proprio legato al fatto di voler limitare al minimo il
rischio di truffe e raggiri cui sempre più spesso erano vittime i sudditi
lucchesi. In altri termini il Senato di Lucca decise di regolarizzare
il lotto proprio per combattere il "lotto nero". Fu così che
- appunto - il 27 marzo 1722 il Senato di Lucca decretò in materia di
gioco del lotto regolandolo in modo assai preciso ed avendo con primo
obiettivo quello di recare il minor danno possibile ai cittadini. A
riprova di questa buona intenzione sta il fatto che inizialmente non
fu previsto alcun ricavo a favore dell'erario. I proventi, al netto
delle spese e delle quote devolute ad un fondo di garanzia, erano interamente
ridistribuiti ai giocatori. Si dovette attendere oltre vent'anni prima
che anche nella repubblica di Lucca adeguasse al resto d'Italia, gestendo
il lotto con finalità fiscali. Infatti il 23 aprile 1748 il gioco venne
dato in appalto a fronte di un compenso di 37.500 lire l'anno. La società
appaltante fu costituita grazie ad una sorta di azionariato popolare
"ante litteram". Il capitale societario doveva essere costituito
da un minimo di 240 quote ad un massimo di 288. Ogni famiglia non poteva
sottoscrivere più di una quota. Ogni quota corrispondeva a 937 lire
e dieci soldi. Il compenso pagato dalla società veniva per un terzo
devoluto alle zitelle povere (ritorna anche a Lucca il gioco genovese
delle zitelle), per un terzo serviva per liberare al Monte i pegni di
basso valore (meno di dieci soldi) e il restante terzo veniva incamerato
dal Tesoro. Molto interessante è anche notare come il gioco del lotto
a Lucca - almeno inizialmente - facesse riferimento ad estrazioni compiute
in altri Stati. Questo dimostra ancora di più la vocazione sociale più
che fiscale dell'intera regolamentazione del gioco da parte del Senato
lucchese. Del resto nel preambolo del bando che istituiva il gioco del
lotto era iscritta una curiosa avvertenza che invitava i sudditi a -
"non lasciarsi sedurre e trasportare da quella lusinghiera speranza
che con mettere in vista un grosso guadagno ha cagionato la fortuna
di pochi e la rovina di molti". Dopo il primo triennio il sistema
dell'appalto fu prorogato. Si pensò di utilizzare i proventi del gioco
del lotto, assieme a quelli di una nuova tassa sul sale, per costruire
l'acquedotto. L'idea, certamente molto utile sotto il profilo sociale,
sembra non abbia per trovato pratica applicazione. In merito alla liceità
morale del gioco del lotto riportiamo un interessantissimo brano dell'opera
"Della pubblica felicità" di Lodovico Muratori, erudito letterato
del 1700. L'importante opera, edita a Lucca nel 1749, riporta in un
intero capitolo le valutazioni etiche che imporrebbero ai Governi di
vietare il "Lotto di Genova, mirabil'invenzione per adescare un'infinità
di persone, le quali incantate da un proposta d'un immenso guadagno,
qualor si colga un'ambo, e molto più se un terno, vanno a seppellir
ivi una prodigiosa quantità di danaro". Nonostante queste reticenze,
il sistema dell'appalto si protrasse sino al 1778 quando lo Stato tornò
a gestirlo direttamente. Gli utili del gioco vennero ripartiti equamente
fra i quattro uffici: "delle acque e strade delle sei miglia",
"delle strade della città", "della foce di Viareggio",
"dei bagni". Nel 1799, a seguito della caduta della repubblica,
il lotto tornò ai privati. Era prevista anche la partecipazione societaria
dei singoli cittadini cui era riconosciuto un interesse che variava
tra il 5 ed il 6% annuo, oltre la partecipazione ad un terzo degli utili,
pagata la quota annuale fissa di 22.550 lire dovuta al Tesoro. Tale
partecipazione salì poi alla metà degli utili. Nel 1804 lo Stato tentò
di rientrare in pieno possesso del gioco ma di fatto non vi riuscì non
potendo restituire i denari ai sottoscrittori privati. Nel 1807, per
la prima volta, si ebbe l'introduzione delle estrazioni nel territorio
di Lucca. Se ne facevano trentasei all'anno. Una il cinque di ogni mese,
una il quindici e la terza il venticinque. Importante il provvedimento
datato 1820 con il quale Maria Luisa riordinò per intero l'ordinamento
del gioco. Per ogni giocata si era obbligati a versare un "quattrino"
che serviva per pagare l'assistenza ai cittadini meno abbienti. Le sedi
estrazionali vennero allargate a tre, aggiungendo a Lucca anche Camajore
e Borgo a Mozzano. Due anni più tardi un decreto fissò la regola che
le vincite fossero tassate nella misura del 5%. I fondi così ricavati
vennero destinati alla costruzione di un acquedotto, riportando in auge
l'idea di settant'anni prima. Il gioco del lotto lucchese fin di esistere
autonomamente nel 1847 quando la Repubblica fu assorbita dal Granducato
di Toscana.
FIRENZE
Già nel 1520 nella repubblica di Firenze si era ricorsi alla vendita
di polizze per smaltire alcuni beni. Sappiamo inoltre che vennero nominati
alcuni cittadini con l'incarico di invogliare all'acquisto dei biglietti
il popolo che in verità si era mostrato alquanto reticente. Nel 1556
Cosimo I, versando una somma in denaro, formò una società tenutaria
del gioco con alcuni mercanti, che a loro volta depositarono in pegno
oggetti preziosi. Fu inoltre concesso, ad ulteriore garanzia dell'impresa,
che sul fondo cassa del gioco del lotto si riversasse quanto il Granducato
incassava con le condanne pecuniarie. Cosimo I ricorse all'istituzione
di questa vendita in lotti per coprire le ingenti spese sostenute per
assoggettare Firenze e poi Siena. Nel 1688 troviamo invece sancito il
divieto di prendere parte al "Gioco del Seminario" di Genova.
E' del 1732 un bando che torna a condannare l'immoralità del lotto che
fa dimenticare al popolo l'onesto vivere e lo spinge a commettere i
più svariati misfatti pur di procurarsi il denaro da impegnare al gioco,
causando, non ultimo, la fuoriuscita di ingenti somme con le puntate
effettuate sul lotto estero. Vennero così stabilite multe e prigione
per chi gestisse il gioco. Sembra però che questo tipo di condanne non
sortì grande effetto visto che nel 1737 venne aggiunta come pena anche
la tortura. Solo due anni dopo, nel 1739, arriviamo all'istituzione
del lotto nel Granducato di Toscana. Il gioco fu dato in appalto per
nove anni ad un certo Ottavio Cataldi al quale era pure concesso di
accettare giocate sui lotti esteri. Anche qui troviamo le novanta zitelle
per cinque delle quali doveva essere sorteggiata una dote da destinarsi
al momento del matrimonio o dell'entrata in monastero. Nel frattempo
le doti sarebbero state depositate in Santa Maria Nuova o investite
al Monte. Le estrazioni venivano effettuate, oltre che a Firenze, anche
a Pisa e a Livorno. Anche nel Granducato di Toscana venne attuata la
regola del "castelletto". Era inoltre operante il divieto,
che troviamo per la prima volta, di accettare giocate sui lotti esteri
quando le estrazioni vi erano gi avvenute anche se non erano ancora
giunti i risultati. Alle ricevitorie, dette "prenditorie",
era fatto obbligo di tenere dei registri sui quali riportare le giocate.
Prima che si effettuassero le estrazioni, i registri dovevano essere
recapitati all'Impresa e l riposti in un archivio chiuso con tre diverse
serrature le cui chiavi erano tenute: una dall'impresario, una dal primo
deputato e l'ultima dal Direttore dell'Azienda. Un delegato del direttore
doveva apporvi i sigilli. Nel 1775 si emanarono nuove disposizioni in
base alle quali era lasciata all'impresa la libertà di decidere date,
luoghi e numero delle estrazioni e le ragazze sorteggiate, sempre appartenenti
alle varie parrocchie del Granducato, avevano diritto a ricevere subito
la dote senza attendere l'eventuale matrimonio "spirituale o temporale".
Gli appalti continuarono ad essere concessi al 1784, anno in cui l'amministrazione
del lotto passò allo Stato senza che il regolamento subisse fondamentali
variazioni. Quando nel 1802 al Granducato successe il Regno d'Etruria,
il gioco continuò senza ulteriori riforme mentre più tardi, con la denominazione
francese, fu introdotta la Lotteria Imperiale di Francia con le sue
regole. Con la restaurazione del Granducato (1814) si ritornò alla precedente
regolamentazione fino al 1821 quando Ferdinando III di Lorena la corresse
e completò dandogli quell'impostazione che verrà poi presa ad esempio
quando, con la formazione del Regno d'Italia, si rese necessaria una
legislazione in materia comune a tutte le regioni. Una legislazione
che in fondo ancora oggi in vigore, almeno nelle principali linee guida.
Si stabiliva innanzitutto un capitale come fondo della lotteria e si
fissava la direzione generale a Firenze. Ad ogni 4000/5000 abitanti
corrispondeva una ricevitoria ed i ricevitori, autorizzati dalla Direzione
Generale, potevano nominare dei sostituti per la raccolta del gioco
nelle zone circostanti. Poiché i ricevitori dovevano rispondere delle
loro azioni e di quelle dei loro sostituti verso i giocatori e l'impresa,
essi dovevano offrire una garanzia in denaro o immobili. Le giocate
possibili erano l'estratto semplice, l'estratto determinato, l'ambo,
l'ambo determinato ed il terno. I ricevitori potevano accettare puntate
solo sull'estrazione della settimana in corso e non era permesso giocare
a credito. Per quanto riguarda il trasporto delle matrici veniva consigliato
l'utilizzo della Posta ma era anche possibile provvedere diversamente.
Dopo un controllo alla Direzione di Pisa le matrici passavano alla Direzione
di Firenze dove per essere accettate dovevano giungere entro le ore
12 del giorno fissato per l'estrazione altrimenti venivano annullate
e le rispettive giocate rimborsate. Le matrici dovevano inoltre essere
controllate da una speciale divisione che applicava eventualmente la
regola del "castelletto"". Per quanto riguarda le estrazioni
erano 48, una metà effettuate in Toscana, l'altra facevano riferimento
al lotto di Roma. Veniva anche descritto il tipo di recipiente di forma
elissoidale e ottagona adibito all'imbussolamento dei 90 numeri i quali
dovevano essere riportati in numero e in lettere su fogli quadrati a
loro volta inseriti in contenitori di cartone identici fra loro. A questi
numeri corrispondeva ancora il nome di una fanciulla bisognosa, nubile,
in et compresa fra i 15 e i 30 anni e di provata moralità alla quale
in caso di favorevole sorteggio veniva attribuito una dote di lire 100.
Qualora la fanciulla morisse prima dell'estrazione del numero a lei
legato, il diritto al sussidio spettava agli eredi. Fu infine vietata
qualsiasi altra forma di lotteria, a meno che la Direzione Generale
non concedesse eccezionalmente la propria autorizzazione, purché non
fossero offerti premi in denaro. Qualora il valore dei premi in palio,
stabilito con perizia effettuata dalla Direzione Generale, superasse
le trecento lire era previsto il pagamento di una tassa equivalente
al 5% del valore totale dei premi stessi.
PARMA
Nei territori dei ducati di Parma, Piacenza e Guastalla non è possibile
risalire con esattezza a quando il gioco del lotto sia stato introdotto.
Secondo i più illustri studiosi, tra i quali non possiamo non citare
il Petitti di Rereto, nei tre ducati il gioco venne introdotto all'inizio
del XVIII secolo (1700), più o meno nello stesso periodo in cui il gioco
faceva le prime apparizioni a Milano. Il primo documento ufficiale di
cui si ha notizia relativamente al gioco risale al 3 luglio 1753. Dall'esame
di quella "Grida" si può capire molto sull'effettivo funzionamento
del gioco in quella regione e si scopre che era scaduta la "sejennale
locazione dell'impresa de' Seminari di questa città di Parma, Piacenza
e Guastalla e loro Stati sopra le estrazioni del lotto di Parma, Milano,
Venezia, Genova e Roma". In altri termini, era possibile giocare
non solo sulle estrazioni effettuate a Parma ma anche scommettere sulle
quelle compiute nelle altre principali città italiane ove il gioco era
gi consolidato. Il rinvenimento di una bolletta dell'epoca ha reso possibile
risalire al fatto che anche negli stati farnesi il gioco si basava sull'estrazione
di una lista di giovani orfane in et da marito, le più fortunate delle
quali ottenevano in regalo un'adeguata dote per coronare il loro sogno
d'amore. In proposito si ha notizia di un avviso di un'estrazione effettuata
il 7 maggio 1755 che riporta l'elenco delle partecipanti. Con altro
bollettino informativo si rende noto l'elenco delle nubili che si aggiudicarono
la dote. Nonostante la rapida diffusione del gioco, la sua gestione
non fu sempre felice. Nel 1757, in occasione dell'estrazione del 10
febbraio, si ha la prova che l'erario registrò una secca perdita. A
fronte infatti di 19.588 lire di incasso, furono pagate ben 34.000 lire
di vincite, con un disavanzo di ben 14.412 lire. Il lotto a Parma restò
immutato sino al 1802, anno della morte del Duca Ferdinando, ultimo
duca degli Stati farnesi. In quell'anno il ducato di Parma passò sotto
l'autorità di Napoleone che inviò il Consigliere di Stato, Moreau de
Saint-Mery, al fine di amministrare i nuovi territori acquisiti con
la Campagna d'Italia. Come era abitudine della classe dirigente d'oltralpe,
si volle dare al ducato parmense gli stessi ordinamenti vigenti in Francia.
Anche il lotto sub questa nuova impostazione. Pur restando formalmente
in vigore, il lotto parmense dovette adattarsi alle regole della simile
Lotteria Imperiale Francese. A testimonianza di questa profonda innovazione,
resta l'editto firmato dal consigliere Moreau, datato 4 settembre 1805.
Con la caduta di Napoleone, il Ducato di Parma uscì dalla sfera d'influenza
francese e, datosi un Governo provvisorio, ristabilì, in materia di
lotto, le vecchie regole prenapoleoniche del "Gioco del Seminario"
abbinato alle povere ragazze in et da marito. Venne stabilito che le
estrazioni, al fine di "rendere l'atto solenne e garantire la pubblica
fede", fossero svolte sotto il portico grande della Piazza di Parma
alla presenza del Podestà, del Procuratore del Governo e dei Commissari
di Polizia. Nel 1863 fu emanata una disposizione dal Governo piemontese
secondo la quale tutte le varie regolamentazioni locali in materia di
lotto erano abrogate e si intendevano valide quelle nazionali. Il lotto
"farnese" si tingeva definitivamente di tricolore.
MODENA
La prima prova certa dell'esistenza del gioco negli stati degli Estensi
è rappresentata da un rogito notarile che formalizzava un appalto con
una società milanese per l'esercizio del gioco a fronte del pagamento
di un canone di 11.719 lire annue. Era l'anno 1756. Nove anni più tardi,
nel 1765, venne emanata una legge in materia di gioco del lotto che
stabiliva che l'estrazione dovesse essere compiuta alla presenza del
Priore e del Cancelliere. Questo provvedimento era evidentemente motivato
dalla necessità di dare la più totale assicurazione ai giocatori della
perfetta regolarità del gioco. Nel giugno 1767 il Duca di Modena vietava
ogni sorta di gioco e di scommessa che prevedesse l'impiego di denaro.
Dopo qualche mese, esattamente nel dicembre dello stesso anno, emanò
un decreto che regolava con precisione il gioco del lotto, che a quel
punto restò l'unico gioco legale nel Granducato. Anche a Modena il gioco
verteva sul "gioco delle zitelle". Imbussolati novanta nomi
di giovani ragazze in cerca di marito, come al solito ne venivano estratti
cinque. Alle fortunate vincitrici andava la dote per potersi maritare
ed al popolo giocatore le vincite abbinate ai numeri corrispondenti
alle cinque vincitrici. Leggendo il testo dell'editto si capisce che
sin d'allora doveva esistere la piaga del lotto clandestino. Non a caso
infatti l'articolo 6 comminava ai giocatori ed ai raccoglitori illegali
una contravvenzione di cento scudi d'oro oltre la confisca delle giocate.
Interessante notare che in caso di insolvenza del pagamento della contravvenzione,
quest'ultima veniva commutata in "tre tratti di corda" e nell'esilio
"da tutti questi Serenissimi Stati". Il gioco era concesso
in appalto anche se le estrazioni dovevano avvenire secondo regole ben
precise ed alla presenza di autorità che ne assicuravano il regolare
svolgimento. Presenziavano infatti il Priore della Città, i giudici
alle vettovaglie, l'avvocato fiscale, il Cancelliere Generale ed il
direttore del lotto. E' interessante notare come le modalità delle estrazioni
fossero molto simili a quelle odierne. Un incaricato, chiamato servente,
mostrava l'urna vuota. I novanta bigliettini contenenti altrettanti
nominativi venivano chiamati, uno per uno, mostrati al pubblico, racchiusi
in una sfera ed immessi nell'urna. Terminata l'operazione dell'imbussolamento,
l'urna veniva girata numerose volte e successivamente riaperta. La delicata
funzione dell'estrazione veniva assicurata dalla mano di un bambino
scelto a caso. La sfera estratta dal bimbo veniva passata al Priore
che l'apriva in modo molto visibile, leggeva il numero contenuto e passava
il biglietto al Cancelliere che ne annotava l'uscita su un verbale in
due copie. Una era destinata al Ministro delle Finanze, l'altra alla
Ferma Generale. Anche nel Granducato il gioco del lotto seguì le sorti
politiche del Paese. Dal 1796 al 1814 si succedettero la Repubblica
Cispadana, la Repubblica Cisalpina e il Regno d'Italia. Sotto Francesco
IV, con la restaurazione degli Estensi a Modena sotto l'impero austriaco,
il gioco fu nuovamente regolamentato con la notificazione del 10 dicembre
1814. Le estrazioni avvenivano, ogni dieci giorni, alternativamente
a Reggio Emilia e a Modena. In un secondo tempo si svolsero anche a
Massa. Il lotto di Modena restò autonomo sia durante la dittatura del
Farini (1859) che in seguito all'annessione del Granducato agli Stati
Sardi, dopo il 1860. Dal 1863 il gioco del lotto venne infine inglobato
nel gioco del lotto nazionale.
IL
LOTTO IN EUROPA
Il gioco del lotto, come abbiamo visto, nasce in Italia e qui si
sviluppa in quasi tutte le regioni. Dal '700 inizia a diffondersi anche
in altri Paesi d'Europa. In questi stati non mancavano, in verità, altre
forme di gioco ma esse nulla avevano in comune con il lotto italiano.
Si noterà come in genere nei territori dell'Europa settentrionale il
lotto, una volta conosciuto, non riuscì comunque a soppiantare le lotterie
preesistenti, mentre incontrò maggior favore nel centro-sud europeo
come in Spagna e soprattutto in Francia. Qui infatti, con Napoleone
Bonaparte, il lotto non solo conobbe la sua maggior prosperità ma anche
la sua più vasta diffusione in quanto fu anche esportato in quei regni
assoggettati all'Impero.
AUSTRIA
Uno dei primi paesi europei ad istituire il gioco del lotto fu l'Austria.
In quel paese il lotto fu dato in appalto nel 1752 ad alcuni gestori
privati italiani. Come vedremo quasi ovunque, l'istituzione del lotto
fu sollecitata da cittadini privati locali o stranieri, che avevano
avuto occasione di conoscere il gioco e soprattutto di aver valutato
i guadagni che ne potevano derivare. Il loro intento era chiaramente
quello di ottenere l'appalto dagli Stati. E così avvenne fino al 1787
anche in Austria a favore di alcuni speculatori italiani. Sino a quando,
nel 1787, lo Stato, sottoponendo il lotto a regime di monopolio, tentò
con varie successive riforme di trarne sempre maggior reddito. La regolamentazione
era molto simile a quella italiana ma erano previsti premi in misura
leggermente inferiore. Anche qui per maggior garanzia del gestore fu
applicata la regola del "castelletto". Attualmente in Austria
esistono due diversi tipi di gioco del lotto. Uno - meno diffuso - pressoché
identico a quello italiano, l'altro - molto più diffuso - che si gioca
scommettendo su 49 numeri.
FRANCIA
Nel 1757 la Francia si trovò ad affrontare ingenti spese per istituire
la Scuola Militare e sembra sia stato Giacomo Casanova a suggerire l'istituzione
di una lotteria per il reperimento del denaro necessario. Così, a partire
dal 1758, anche la Francia diede corso al suo lotto che inizialmente
si chiamò "Loterie de l'Ecole Militaire" e sembra che al nostro
Casanova fu concessa, come forma di riconoscimento, la gestione di quattro
ricevitorie. Anche qui le regole furono simili a quelle italiane: in
un'urna venivano poste 90 sfere contenenti altrettanti numeri. Ad ognuno
di questi doveva essere collegato un nome di ragazza. Le estrazioni
si effettuavano pubblicamente una volta al mese e le giocate erano limitate
all'estratto semplice, ambo e terno. Per limitare il rischio del gestore
del gioco venne inoltre fissato un limite alle puntate. E' interessante
notare che il termine odierno utilizzato per indicare il luogo ove avviene
l'estrazione del lotto, "ruota", probabilmente di origine
francese. Nel XVIII secolo infatti era questo il modo in cui in Francia
si denominava l'urna, per l'appunto a forma di ruota, usata per effettuare
l'estrazioni del lotto. Nel 1776, considerato che nonostante il successo
della lotteria della Scuola Militare non si era riusciti ad arrestare
la fuoriuscita di denaro per le lotterie straniere, si abolirono tutte
le lotterie del regno e si istituì la Lotteria Reale di Francia sull'impronta
del lotto di Genova: 90 numeri, 5 estratti ogni 15 giorni e le giocate
furono ampliate alla quaterna e alla cinquina. Le estrazioni, invece
che all'Arsenale di Parigi, dovevano essere effettuate in una sala della
Compagnia delle Indie. Durante la rivoluzione il lotto assunse il nome
di Lotteria Nazionale per poi essere abolito nel 1794 ed essere ristabilito
quattro anni dopo. Fu sotto l'Impero che il lotto raggiunse il massimo
della prosperità, fino al 1832, anno in cui Luigi Filippo sottoscrisse
un decreto in base al quale il gioco del lotto doveva essere totalmente
soppresso entro il primo gennaio 1836. Cosa che regolarmente accadde
ed anche per lungo tempo, visto che dovettero trascorrere ben 97 anni
prima che in Francia venisse istituita una nuova lotteria nazionale.
Attualmente la Francia è uno dei paesi dove il gioco del lotto conosce
un'ampia diffusione, anche grazie al fatto che per prima ha adottato
la totale automazione del sistema di raccolta delle giocate.
BELGIO
In Belgio sappiamo che gi nel XVI secolo si erano tenute delle lotterie
per la vendita di oggetti preziosi, per opere pie o per aiutare la finanza
pubblica. Il lotto, molto simile a quello di Genova, venne per istituito
solo nel 1760 quando il Belgio era uno dei Paesi Bassi austriaci, sotto
Maria Teresa. Sembra fra l'altro che il merito dell'introduzione del
lotto in Belgio vada ascritto a certi fratelli Calzabigi di Napoli che
furono i suggeritori del gioco. Ad uno di essi fu addirittura affidata
la direzione dell'impresa.
SPAGNA
In Spagna il lotto viene istituito nel 1763 sotto Carlo III su consiglio
del suo Primo Ministro, Leopoldo Gregorio di Squillace (siciliano),
e per organizzarlo fu appositamente chiamato il direttore del gioco
del lotto del Regno di Napoli, tal Giuseppe Peja. Il gioco consisteva
nell'estrazione di cinque numeri su 90 numeri, ed i premi consistevano
nell'estratto semplice, estratto determinato, ambo e terno. Nel 1780
furono ammesse le giocate anche sul lotto di Roma e di Napoli. Nel 1811
fu necessario istituire una nuova lotteria per aiutare il pubblico erario
devastato dalla Guerra d'Indipendenza. Così la Giunta di Cadice estese
alla penisola iberica un gioco effettuato in Messico gi nel 1769 e la
denominò "lotteria moderna" per distinguerla da quella gi
esistente detta "antica". In realtà la "moderna"
era proprio di una lotteria come la intendiamo oggi. Si aveva cioè una
serie determinata di biglietti e fra quelli sorteggiati veniva suddiviso
il montepremi. Questo nuovo gioco inizialmente convisse con il precedente
fino a quando nel 1862 la lotteria antica sub un'ingente perdita (sembra
per un terno) che ne decretò l'abolizione. C'è comunque da dire che,
sin dalla sua comparsa, la lotteria moderna incontrò maggior favore
di pubblico tanto che gli introiti da essa garantiti furono, in alcuni
casi, anche cinque volte superiori a quelli della lotteria antica. Fra
l'altro la diversa impostazione non la faceva neanche considerare un
gioco d'azzardo e quindi era vista con occhio più benevolo anche da
coloro che ritenevano "immorale" dedicarsi a questi passatempi.
INGHILTERRA
In Inghilterra nel 1569 fu autorizzata una lotteria con lo scopo di
reperire denaro per la manutenzione di alcuni porti: i premi erano oggetti
preziosi, piatti, vasellame. In Inghilterra non troviamo il gioco del
lotto vero e proprio ma solo alcune lotterie organizzate per lo più
ben precisi e per periodi di tempo piuttosto limitati (1612: lotteria
della Virginia Company; 1698: Royal Oak lottery e quella per la Royal
Fishing Company). Peraltro gi alla fine del XVII secolo esse vennero
proibite con alcune rare eccezioni. Dalle documentazioni relative a
tale divieto si può notare come il legislatore abbia voluto porre in
evidenza che il dedicarsi a questo gioco fosse di particolare danno
per alcuni strati sociali. Si nominano infatti gli operai, i servitori,
i bambini e soprattutto le persone non previdenti, destinate a rovinarsi.
Fu così che si ricorse a vari tipi di multe o pene (tra cui la pubblica
frustatura) per chiunque organizzasse lotterie o semplicemente vi prendesse
parte. Nel XVIII secolo la proibizione fu ampliata ad altri vari giochi,
esclusi quelli che si potevano svolgere privatamente al Palazzo Reale
dove evidentemente le persone erano tutte "previdenti" e non
"potevano rovinarsi". Il governo organizzò alcune lotterie
ma sempre con scopi ben precisi come, ad esempio, quella del 1831 a
favore della città di Glasgow.
OLANDA
All'Olanda si deve il nome di una delle lotterie che più di ogni altra
si diffuse in Europa, soprattutto in quella settentrionale. Il "lotto
di Olanda" fu sicuramente una delle prime forme di lotteria con
una propria, precisa regolamentazione. Sappiamo infatti che gi nel XV
secolo si effettuavano in alcune sue città regolari estrazioni periodiche.
Ma come abbiamo gi avuto modo di vedere, questo gioco non aveva nulla
in comune con il lotto vero e proprio, in quanto si trattava di una
lotteria simile a quelle che si praticano attualmente. Questo per non
significa che in Olanda il lotto in uso a Genova non sia stato conosciuto
e praticato. Vi fu infatti istituito nel 1810 sotto la dominazione dell'Impero
Francese. Ebbe per vita breve e non riuscì mai a soppiantare n ad ottenere
lo stesso seguito delle lotterie ivi conosciute e praticate da secoli.
Successivamente il Regno Unito è divenuto la patria delle scommesse
legali, grazie alla diffusione di sistemi leciti di scommessa su ogni
sorta di accadimento. Solo nel 1994 il Governo ha autorizzato l'introduzione
di una lotteria nazionale.
GERMANIA
In Germania il lotto sul tipo di quello in uso a Genova fu istituito
da Federico II nel 1763 per risanare le finanze dopo la guerra dei sette
anni. Nei primi periodi fu a volte gestito direttamente, altre dato
in appalto. Nel 1794 divenne monopolio di Stato insieme ad un altro
tipo di lotteria, quella detta a classi. Gli utili di entrambi erano
destinati ad opere sociali ed a scopi umanitari. Nel 1810 Federico Guglielmo
III, dopo aver constatato "i dannosi effetti" che il lotto
provocava alla moralità dei suoi sudditi, decise di abolirlo, sostituendolo
con un nuovo gioco detto "delle cinquine". Questa lotteria
si basava su trenta numeri. Venivano messi in vendita 142.506 biglietti
corrispondenti alle diverse combinazioni di cinquine, per l'appunto,
che con quelli si potevano ottenere. In seguito, 6 bambini estraevano
ciascuno 5 numeri. Le prime 6 cinquine così ottenute assicuravano, ai
possessori dei biglietti con quelle combinazioni, 500 volte il prezzo
del biglietto stesso; imbussolati nuovamente i 30 numeri, si effettuava
la seconda estrazione con un premio di 5000 volte il prezzo del biglietto
per le prime 5 cinquine e di 50.000 volte per la sesta. Si procedeva
poi al terzo sorteggio che assegnava un premio di 500 volte il costo
del biglietto ad ognuna delle sei cinquine. Questo tipo di lotteria
era in grado di garantire un ben preciso utile solo nell'ipotesi in
cui si fosse riuscita a vendere tutti i biglietti. In caso contrario
c'era un consistente rischio per il gestore di subire una perdita secca,
la qual cosa si verificò puntualmente, decretando la fine di questo
gioco. Seguirono poi vari tipi di lotteria a classi. Il lotto di Genova
fu introdotto nel 1810 sotto l'Impero Napoleoni per essere poi definitivamente
abolito nel 1843.
ALTRI
PAESI
Per quanto riguarda la storia del lotto in altri paesi europei sappiamo
che il lotto pubblico non fu mai istituito in Grecia e in Russia; in
Polonia invece lo troviamo dal 1768 al 1840, anno in cui fu abolito
e sostituito da varie forme di lotteria. In Svizzera fu presente solo
nel Canton Ticino dove fu dato in appalto nel 1828, ma alla scadenza
del contratto decennale fu definitivamente abolito. In Danimarca nel
1771 fu istituito il gioco del lotto "sull'uso di Genova"
ma nel 1844 inizi a diminuire il numero delle estrazioni fino a giungere
in breve tempo alla totale abolizione. Infine in Svezia, con un'Ordinanza
Reale, si indica il 1771 come data di regolare inizio delle estrazioni
con applicazione, fra l'altro, della regola del castelletto . L'abolizione
è del 1840.
UN'OCCHIATA
ALLE AMERICHE
Per quanto riguarda l'America del Nord non troviamo forme di lotto sul
tipo di quello italiano. Furono però organizzate varie lotterie, sempre
per scopi di pubblica utilità, fino alla nascita degli Stati Uniti d'America,
quando il Congresso, con la nuova costituzione, non concesse più alcuna
autorizzazione. In questo periodo non fecero che susseguirsi una serie
di divieti atti a limitarne ogni possibilità di organizzazione. Nel
1890 fu proibito l'utilizzo delle Poste per qualsiasi forma di lotteria.
Nel 1894 fu proibita l'importazione di biglietti per lotterie straniere
ed anche ogni forma di pubblicità o promozione di questo gioco. Nel
1899 il divieto fu esteso all'Alaska e nel 1900 alle Hawaii. Le lotterie
furono
dichiarate illegali poiché arrecanti pubblico danno. Anche nell'America
del Sud non troviamo il lotto ma semplici lotterie. In Argentina nel
1895 venne istituita la lotteria per scopi pubblici quali costruzioni
di scuole, ospedali, ospizi. A Cuba, dal 1909, la lotteria è protetta
da un monopolio di Stato. Furono invece legalizzate in Brasile, Perù
e Paraguay.
Il
gioco del Lotto, si svolge su 10 ruote, su cui vengono estratti 5 numeri
a caso tra un massimo di 90.
Le ruote dove si effettuano le estrazioni sono:
BARI - CAGLIARI - FIRENZE - GENOVA - MILANO - NAPOLI - PALERMO -
ROMA - TORINO - VENEZIA
COMBINAZIONI AMMESSE:
Sulla cedola di gioco, si possono giocare da un minimo di 1 ad una massimo
di 10 numeri per bolletta, su una o più ruote, fino ad un massimo 10
ruote.
CADENZE: Con il termine cadenze si intende la serie di nove numeri,
aventi in comune la cifra dell'unità. Con i 90 numeri sono possibili
10 serie diverse.
Nella cedola di gioco sono contrassegnate con il simbolo "Ca".
Ca NUMERI DELLA CADENZA
00 90 - 10 - 20 - 30 - 40 - 50 - 60 - 70 - 80
01 01 - 11 - 21 - 31 - 41 - 51 - 61 - 71 - 81
02 02 - 12 - 22 - 32 - 42 - 52 - 62 - 72 - 82
03 03 - 13 - 23 - 33 - 43 - 53 - 63 - 73 - 83
04 04 - 14 - 24 - 34 - 44 - 54 - 64 - 74 - 84
05 05 - 15 - 25 - 35 - 45 - 55 - 65 - 75 - 85
06 06 - 16 - 26 - 36 - 46 - 56 - 66 - 76 - 86
07 07 - 17 - 27 - 37 - 47 - 57 - 67 - 77 - 87
08 08 - 18 - 28 - 38 - 48 - 58 - 68 - 78 - 88
09 09 - 19 - 29 - 39 - 49 - 59 - 69 - 79 - 89
DECINE CABALISTICHE: con questo termine si identifica una serie
formata da 10 numeri aventi in comune la cifra della decina. Quindi,
per esempio, la decina 10-19, è composta dai numeri 10-11-12-13-14-15-16-17-18-19.La
prima decina è composta dagli estratti 90-1-2-3-4-5-6-7-8-9 che hanno
la decina uguale a 0.
Queste combinazioni vengono usate da alcuni esperti lottologi, per sviluppare
metodi di gioco. Nel gioco del lotto non vengono riconosciute tra i
"sistemi" per le giocate automatiche, al loro posto è possibile giocare
le decine naturali.
DECINA NUMERI DELLA DECINA
01-90 01 - 02 - 03 - 04 - 05 - 06 - 07 - 08 - 09 - 90
10-19 10 - 11 - 12 - 13 - 14 - 15 - 16 - 17 - 18 - 19
20-29 20 - 21 - 22 - 23 - 24 - 25 - 26 - 27 - 28 - 29
30-39 30 - 31 - 32 - 33 - 34 - 35 - 36 - 37 - 38 - 39
40-49 40 - 41 - 42 - 43 - 44 - 45 - 46 - 47 - 48 - 49
50-59 50 - 51 - 52 - 53 - 54 - 55 - 56 - 57 - 58 - 59
60-69 60 - 61 - 62 - 63 - 64 - 65 - 66 - 67 - 68 - 69
70-79 70 - 71 - 72 - 73 - 74 - 75 - 76 - 77 - 78 - 79
80-89 80 - 81 - 82 - 83 - 84 - 85 - 86 - 87 - 88 - 89
DECINE NATURALI: con questo termine si identifica una serie formata
da 10 numeri, formate suddividendo i 90 numeri in combinazioni di 10
numeri, a partire dal primo numero (il numero 1), fino al numero 90.
Nella cedola di gioco sono contrassegnate con il simbolo "De".
De NUMERI DELLA DECINA
01-10 01 - 02 - 03 - 04 - 05 - 06 - 07 - 08 - 09 - 10
11-20 11 - 12 - 13 - 14 - 15 - 16 - 17 - 18 - 19 - 20
21-30 21 - 22 - 23 - 24 - 25 - 26 - 27 - 28 - 29 - 30
31-40 31 - 32 - 33 - 34 - 35 - 36 - 37 - 38 - 39 - 40
41-50 41 - 42 - 43 - 44 - 45 - 46 - 47 - 48 - 49 - 50
51-60 51 - 52 - 53 - 54 - 55 - 56 - 57 - 58 - 59 - 60
61-70 61 - 62 - 63 - 64 - 65 - 66 - 67 - 68 - 69 - 70
71-80 71 - 72 - 73 - 74 - 75 - 76 - 77 - 78 - 79 - 80
81-90 81 - 82 - 83 - 84 - 85 - 86 - 87 - 88 - 89 - 90
FIGURE: la figura di un numero si ottiene sommando le cifre che
lo compongono; se questa somma supera il 9 si sottrae dal risultato
il 9 stesso, tante volte fino a quando il risultato non è un numero
inferiore a 9.Ad esempio la figura del 51 è 6 perchè 5+1=6; la figura
del 48 è 3, perchè 4+8=12 e 12-9=3.Con i 90 estratti sono possibili
9 serie differenti di 10 elementi ciascuna
Nella cedola di gioco sono contrassegnate con il simbolo "Fi".
Fi NUMERI DELLA FIGURA
01 01 - 10 - 19 - 28 - 37 - 46 - 55 - 64 - 73 - 82
02 02 - 11 - 20 - 29 - 38 - 47 - 56 - 65 - 74 - 83
03 03 - 12 - 21 - 30 - 39 - 48 - 57 - 66 - 75 - 84
04 04 - 13 - 22 - 31 - 40 - 49 - 58 - 67 - 76 - 85
05 05 - 14 - 23 - 32 - 41 - 50 - 59 - 68 - 77 - 86
06 06 - 15 - 24 - 33 - 42 - 51 - 60 - 69 - 78 - 87
07 07 - 16 - 25 - 34 - 43 - 52 - 61 - 70 - 79 - 88
08 08 - 17 - 26 - 35 - 44 - 53 - 62 - 71 - 80 - 89
09 09 - 18 - 27 - 36 - 45 - 54 - 63 - 72 - 81 - 90
RADICALI: con questo termine si identificano 8 serie di quattro
numeri. Ciascuna è composta da un estratto dei numeretti da 1 a 8, uno
zerato, un numero gemello ed uno della cadenza 9, tutti appartenenti
alla stessa decina.Ad esempio la quartina radicale del numero 1 è 1
10 11 19.
Nella cedola di gioco sono contrassegnate con il simbolo "Ra".
QUARTINE RADICALI:
1 10 11 19 - 2 20 22 29 - 3 30 33 39 - 4 40 44 49
5 50 55 59 - 6 60 66 69 - 7 70 77 79 - 8 80 88 89
Ambi Complementari: il numero complementare è costituito dalla
differenza matematica che intercorre fra esso ed un determinato numeri.Esempio:
il complementare a 90 del numero 71 sarà il 19, in quanto 90-71=19.
Nella cedola di gioco sono contrassegnate con il simbolo "Co".
Ambi Complementari
1 89 - 2 88 - 3 87 - 4 86 - 5 85 - 6 84 - 7 83 - 8 82 - 9 81
10 80 - 11 79 - 12 78 - 13 77 - 14 76 - 15 75 - 16 74 - 17 73 - 18 72
- 19 71
20 70 - 21 69 - 22 68 - 23 67 - 24 66 - 25 65 - 26 64 - 27 63 - 28 62
- 29 61
30 60 - 31 59 - 32 58 - 33 57 - 34 56 - 35 55 - 36 54 - 37 53 - 38 52
- 39 51
40 50 - 41 49 - 42 48 - 43 47 - 44 46
Ambi Simmetrici: Gli ambi simmetrici sono combinazioni di due
numeri la cui somma è uguale a 91 unità..Esempio: l'ambo 1 90, 1+90=91
Con i 90 numeri si formano 45 coppie di ambi simmetrici
Nella cedola di gioco sono contrassegnate con il simbolo "Si".
1 90 - 8 83 - 15 76 - 22 69 - 29 62 - 36 55 - 43 48
2 89 - 9 82 - 16 75 - 23 68 - 30 61 - 37 54 - 44 89
3 88 - 10 81 - 17 74 - 24 67 - 31 60 - 38 53 - 45 46
4 87 - 11 80 - 18 73 - 25 66 - 32 59 - 39 52
5 86 - 12 79 - 19 72 - 26 65 - 33 58 - 40 51
6 85 - 13 78 - 20 71 - 27 64 - 34 57 - 41 50
7 84 - 14 77 - 21 70 - 28 63 - 35 56 - 42 49
Ambi a Divisore comune: sono coppie di numeri distanti 45 unità.Esempio
2-47, 13-58, 22-67 etc...etc...
Nella cedola di gioco sono contrassegnate con il simbolo "Di".
1 46 - 2 47 - 3 48 - 4 49 - 5 50 - 6 51 - 7 52 - 8 53 - 9 54 - 10 55
11 56 - 12 57 - 13 58 - 14 59 - 15 60 - 16 61 - 17 62 - 18 63 - 19 64
- 20 65
21 66 - 22 67 - 23 68 - 24 69 - 25 70 - 26 71 - 27 72 - 28 73 - 29 74
- 30 75
31 76 - 32 77 - 33 78 - 34 79 - 35 80 - 36 81 - 37 82 - 38 83 - 39 84
- 40 85
41 86 - 42 87 - 43 88 - 44 89 - 45 90
Ambi Vertibili: il vertibile di un numero, si ottiene invertendo
le cifre che lo compongono. Ad esempio il numero vertibile del 28 è
82.Questa regola non è applicabile per i numeretti, i numeri in cadenza
9 ed i numeri gemelli.
Nonostante questa regola, sovente nei nostri metodi di gioco, aggireremo
questo ostacolo, calcolando il vertibile anche di questi ultimi, in
base a precise regole matematiche.
Nella tavola sottostante, sono riportati anche gli ambi "invertibili".
La regole che ci consentirà di calcolare il numero vertibile di un numero
invertibile sono le seguenti:
Tipologia numerica Formula
Numeretto (1.2.3.4.5.6.7.8.9) : Numero x 10
Numero Zerato (10.20.30.40.50.60.70.80.90) : Numero : 10
Numero Gemello (11.22.33.44.55.66.77.88) : (Decina x 10) + 9
Numero Cadenza 9 (19,29,39,49,59,69,79,89) : (Decina x 10) +
Unità
Dai
numeri in cadenza 9 escludere il numeretto 9, il cui vertibile lo si
ottiene con la formula relativa ai numeretti.
VERTIBILI
01 = 10 11 = 19 23 = 32 35 = 53 55 = 59
02 = 20 12 = 21 24 = 42 36 = 63 56 = 65
03 = 30 13 = 31 25 = 52 37 = 73 57 = 75
04 = 40 14 = 41 26 = 62 38 = 83 58 = 85
05 = 50 15 = 51 27 = 72 44 = 49 66 = 69
06 = 60 16 = 61 28 = 82 45 = 54 67 = 76
07 = 70 17 = 71 33 = 39 46 = 64 68 = 86
08 = 80 18 = 81 34 = 43 47 = 74 77 = 79
09 = 90 22 = 29 48 = 84 78 = 87 88 = 89
TERZINE SIMMETRICHE: con questa espressione, si identificano
serie di tre numeri distanti fra loro 30 o 60 unità.Per esempio la terzina
10-40-70, è una terzina simmetrica.
01 31 61 - 02 32 62 - 03 33 63 - 04 34 64 - 05 35 65 - 06 36 66 - 07
37 67
08 38 68 - 09 39 69 - 10 40 70 - 11 41 71 - 12 42 72 - 12 43 73 - 14
44 74
15 45 75 - 16 46 76 - 17 47 77 - 18 48 78 - 19 49 79 - 20 50 80 - 21
51 81
22 52 82 - 23 53 83 - 24 54 84 - 25 55 85 - 26 56 86 - 27 57 87 - 28
58 88
29 59 89 - 30 60 90
DIAMETRALI (Ambi a Divisore Comune): sono due numeri distanti
45 unità.Esempio 2-47, 13-58, 22-67 etc...etc...
1 46 - 2 47 - 3 48 - 4 49 - 5 50 - 6 51 - 7 52 - 8 53 - 9 54 - 10 55
11 56 - 12 57 - 13 58 - 14 59 - 15 60 - 16 61 - 17 62 - 18 63 - 19 64
- 20 65
21 66 - 22 67 - 23 68 - 24 69 - 25 70 - 26 71 - 27 72 - 28 73 - 29 74
- 30 75
31 76 - 32 77 - 33 78 - 34 79 - 35 80 - 36 81 - 37 82 - 38 83 - 39 84
- 40 85
41 86 - 42 87 - 43 88 - 44 89 - 45 90
DIAMETRALI IN DECINA: si tratta di due estratti, appartenenti
alla stessa decina e distanti 5 unità, esempio: 41-46;10-15;22-27.
01 06 - 02 07 - 03 08 - 04 09 - 05 90
10 15 - 11 16 - 12 17 - 13 18 - 14 19
20 25 - 21 26 - 22 27 - 23 28 - 24 29
30 35 - 31 36 - 32 37 - 33 38 - 34 39
40 45 - 41 46 - 42 47 - 43 48 - 44 49
50 55 - 51 56 - 52 57 - 53 58 - 54 59
60 65 - 61 66 - 62 67 - 63 68 - 64 69
70 75 - 71 76 - 72 77 - 73 78 - 74 79
80 85 - 81 86 - 82 87 - 83 88 - 84 89
CINQUINE PENTAGONALI: Per cinquina pentagonale si intende una
serie di 5 numeri aventi fra loro una distanza di 18 lunghezze. Con
90 numeri sono possibili 18 cinquine diverse.
1 19 37 55 73 - 2 20 38 56 74 - 3 21 39 57 75 - 4 22 40 58 76
5 23 41 59 77 - 6 24 42 60 78 - 7 25 43 61 79 - 8 26 44 62 80
9 27 45 63 81 - 10 28 46 64 82 - 11 29 47 65 83 - 12 30 48 66 84
13 31 49 67 85 - 14 32 50 68 86 - 15 33 51 69 87 - 16 34 52 70 88
17 35 53 71 89 - 18 36 54 72 90
SESTINE ESAGONALI: le sestine esagonali sono delle lunghette
di 6 numeri aventi la distanza fra loro di 15 unità. In totale sono
possibili, con 90 numeri, 15 sestine diverse.
1 16 31 46 61 76 - 2 17 32 47 62 77 - 3 18 33 48 63 78 - 4 19 34 49
64 79
5 20 35 50 65 80 - 6 21 36 51 66 81 - 7 22 37 52 67 82 - 8 23 38 53
68 83
9 24 39 54 69 84 - 10 25 40 55 70 85 - 11 26 41 56 71 86 - 12 27 42
57 72 87
13 28 43 58 73 88 - 14 29 44 59 74 89 - 15 30 45 60 75 90
RUOTE DIAMETRALI RUOTE GEMELLARI
BARI - NAPOLI
BARI - VENEZIA
CAGLIARI - PALERMO
CAGLIARI - TORINO
FIRENZE - ROMA
FIRENZE - ROMA
GENOVA - TORINO
GENOVA - PALERMO
MILANO - VENEZIA
MILANO - NAPOLI
IL
DIZIONARIO DEL LOTTO
I termini più usati nel gioco del Lotto
Le voci seguito riportate, rappresentano la terminologia tecnica usata,
nel gioco del lotto.
La spiegazione tecnica di questi termini, vi aiuterà a comprendere,
il gioco e le metodologie presentate in questa pubblicazione.
Ambata:
è il gioco di un solo numero.Il premio corrisposto è circa 11,2 volte
la posta giocata.
Ambo:è la combinazione per il gioco di due numeri su una o più
ruote. Il premio corrisposto è 250 volte la posta, quota che va divisa
per il numero delle ruote su cui si gioca, se si gioca su più di una
ruota.
Cadenze: si intende la serie di nove numeri, aventi in comune
la cifra dell'unità.
Con i 90 numeri sono possibili 10 serie diverse.
Cadenze diametrali: si tratta di due cadenze le cui cifre finali distano
tra loro 5 unità.
I cinque gruppi di cadenze diametrali sono i seguenti: 0-5/1-6/2-7/3-8/4-9
Ciclo: Si intende il periodo in cui teoricamente dovrebbe sortire una
terminata serie.
Ciclometria: studio dei 90 numeri , inscritti in un ipotetico
cerchio.In questo modo, dopo il 90 la numerazione ricomincia con il
numero 1
Cifra: con questo termine si identifica una serie di 18 numeri, aventi
tutti in comune una stessa cifra. Ad esempio, i numeri di cifra "8"
sono i seguenti:
8-18-28-38-48-58-68-78-80-81-82-83-84-85-86-87-88-89.
Cinquina: è la combinazione per il gioco di cinque numeri su
una o più ruote.Il premio corrisposto è 1.000.000 di volte la posta.
Cinquina-pentagonale: questo termine identifica una serie di
5 numeri distanti 18 unità (Es.1-19-37-55-73).Con i 90 numeri sono possibili
18 serie diverse.
Complementare: il numero complementare è costituito dalla differenza
matematica che intercorre fra esso ed un determinato numeri.Esempio:
il complementare a 90 del numero 71 sarà il 19, in quanto 90-71=19.
Diametrali: sono due numeri distanti 45 unità.Esempio 2-47, 13-58,
22-67 etc...etc...
Decine cabalistiche: con questo termine si identifica una serie formata
da 10 numeri aventi in comune la cifra della decina. Quindi, per esempio,
la decina 10-19, è composta dai numeri 10-11-12-13-14-15-16-17-18-19.La
prima decina è composta dagli estratti 90-1-2-3-4-5-6-7-8-9 che hanno
la decina uguale a 0.
Diametrali in decina: si tratta di due estratti, appartenenti alla stessa
decina e distanti 5 unità, esempio: 41-46;10-15;22-27.
Figure: la figura di un numero si ottiene sommando le cifre che
lo compongono; se questa somma supera il 9 si sottrae dal risultato
il 9 stesso, tante volte fino a quando il risultato non è un numero
inferiore a 9.Ad esempio la figura del 51 è 6 perchè 5+1=6; la figura
del 48 è 3, perchè 4+8=12 e 12-9=3.Con i 90 estratti sono possibili
9 serie differenti di 10 elementi ciascuna.
Fuori novanta: questa espressione viene spesso utilizzata per indicare
un particolare calcolo.Infatti quando si sommano due numeri ed il totale
supera "90", il novanta stesso andrà sottratto dal risultato per ottenere
un numero giocabile.
Gemelli: con il termine "gemelli", si identificano otto numeri
composti da due cifre uguali, vale a dire 11-22-33-44-55-66-77-88
Isotopismo: il termine in questione, di origine greca (isos =
stesso e topos = posizione), indica l'identica posizione estrazionale
di più numeri. Quindi, per esempio, nel caso in cui si dirà che il 21
e il 56 sono isotopi, vorrà dire che essi sono stati estratti nello
stesso posto.
Numeretti: si intende la serie di nove estratti compresi fra
il numero 1 ed il numero 9.
Numerologia: è lo studio dei numeri mediante delle applicazioni
arcaiche, dove ad ogni numero vengono abbinati fenomeni ed avvenimenti,
che a seconda, possono essere matematici, cabalistici, scentifici, o
fortuiti e casuali.
Piramide: tecnica con la quale si sommano le cifre, fino ad ottenere
un numero giocabile.
Esempio : partendo dalla riga 2345 , 2+3=5, 3+4=7, 4+5=9
Seconda riga: 579, 5+7=12 quindi 12-9=3, 7+9=16 quindi 16-9=7
Numero giocabile : 37
Quaterna: è la combinazione per il gioco di quattro numeri su
una o più ruote. Il premio corrisposto è 80.000 volte la posta.
Quartine radicali: con questo termine si identificano 8 serie di quattro
numeri. Ciascuna è composta da un estratto dei numeretti da 1 a 8, uno
zerato, un numero gemello ed uno della cadenza 9, tutti appartenenti
alla stessa decina.Ad esempio la quartina radicale del numero 1 è 1
10 11 19
Ruote diametrali: vedi tavole numeriche.
Ruote gemellari : vedi tavole numeriche
Segnalimiti: con questo termine si identificano degli estratti
che escono, con particolare frequenza, prima di un determinato numero.
Sestina esagonale: con questo termine si identificano 6 numeri distanti
fra loro 15 unità.
(Es.3-18-33-48-63-78).Con i 90 numeri sono possibili 15 di queste serie.
Terno: è la combinazione per il gioco di tre numeri su una o
più ruote.Il premio corrisposto è di 4250 volte la posta.
Terni complementari: con questa denominazione, vengono descritte
serie di tre numeri la cui somma è uguale a 90 oppure 180.Quindi per
esempio, possono definirsi complementari, i terni del tipo "12-34-44"
o anche "28-70-82".
Terzine simmetriche: con questa espressione, si identificano serie di
tre numeri distanti fra loro 30 o 60 unità.Per esempio la terzina 10-40-70,
è una terzina simmetrica. (vedi anche la tavola delle terzine simmetriche).
Vertibili: il vertibile di un numero, si ottiene invertendo le
cifre che lo compongono. Ad esempio il numero vertibile del 28 è 82.Questa
regola non è applicabile per i numeretti, i numeri in cadenza 9 ed i
numeri gemelli.
Nonostante questa regola, sovente nei nostri metodi di gioco, aggireremo
questo ostacolo, calcolando il vertibile anche di questi ultimi, in
base a precise regole matematiche.